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Home » Guide di diritto » Il preavviso di diniego nei procedimenti amministrativi

Il preavviso di diniego nei procedimenti amministrativi

Avv. Riccardo CuccattodiAvv. Riccardo Cuccatto
13 Aprile 2022 - Aggiornato il 19 Aprile 2022
inGuide di diritto, Amministrativo Enti locali
Il preavviso di diniego nei procedimenti amministrativi
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Il preavviso di diniego o preavviso di rigetto nei procedimenti amministrativi (art. 10-bis L. 241/1990)

Si definisce preavviso di diniego l’atto attraverso il quale, nell’ambito di un procedimento amministrativo, si avverte l’istante delle ragioni che impediscono l’accoglimento della domanda, invitando lo stesso a presentare le proprie osservazioni.
Lo scopo di tale atto è quello di instaurare un contraddittorio anticipato con colui il quale ha presentato la domanda, garantendo la partecipazione attiva dell’interessato al procedimento e riducendo così il rischio di una controversia.
Secondo quanto ritenuto dalla giurisprudenza, il preavviso di diniego è un atto endoprocedimentale avente funzione predecisoria e come tale non autonomamente impugnabile.
Ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990, in particolare, nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l’autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda, tra i quali non possono essere addotti inadempienze o ritardi attribuibili all’amministrazione.
Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti, delle quali deve essere data ragione nella motivazione dell’eventuale provvedimento finale di diniego.
Secondo l’opinione giurisprudenziale prevalente, il termine entro il quale il privato deve presentare le proprie deduzioni deve ritenersi meramente ordinatorio; ne consegue, dunque, l’obbligo per l’amministrazione di prendere in considerazione anche le osservazioni presentate dopo la scadenza del predetto termine.
In tal senso depongono principalmente due argomentazioni: da una parte, l’assenza di sanzioni esplicite per la sua inosservanza, dall’altra, il dato letterale della norma, il quale non qualifica in alcun modo il termine come perentorio.
Come previsto espressamente dalla legge, la suddetta comunicazione sospende i termini per concludere il procedimento, i quali iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione.
Il legislatore, con la legge n. 120/20 di conversione del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76 recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale, ha così accolto le censure mosse dalla dottrina avverso il testo previgente della norma, il quale prevedeva che la comunicazione di diniego determinasse l’interruzione, e non la sospensione, del termine di durata del procedimento amministrativo.
La giurisprudenza, in particolare, aveva giustificato l’effetto interruttivo sostenendo che a seguito delle osservazioni presentate dal privato potrebbe risultare sicuramente utile per l’amministrazione una riapertura dell’istruttoria, la quale comporterebbe di sicuro un aggravio del procedimento e l’allungamento dei termini processuali.
All’atto della presentazione delle osservazioni o alla scadenza del termine di dieci giorni per produrle, dunque, i termini processuali non cominciano a decorrere ex novo, bensì dal punto in cui si trovavano quando ne è stata disposta la sospensione.

L’istituto del preavviso di diniego è applicabile ai soli procedimenti iniziati ad istanza di parte per effetto del richiamo contenuto nell’art. 20 legge n. 241/90, d’altra parte, l’istituto risulta estendibile anche alle ipotesi di silenzio assenso.
Sono invece esclusi dal suo ambito di applicazione le procedure concorsuali, nonché i procedimenti in materia previdenziale ed assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dai competenti enti previdenziali.
Secondo la dottrina, d’altra parte, nonostante la norma non lo preveda espressamente, molteplici sono le ragioni che portano ad escludere il riconoscimento dell’istituto in tema di ricorsi amministrativi.
Come specificatamente osservato, infatti, il preavviso di diniego mira a suscitare un contraddittorio prima dell’emanazione di un provvedimento di amministrazione attiva, mentre nel caso di procedimenti da ricorso amministrativo tale provvedimento è già stato emanato e, pertanto, vi è già stata la preventiva instaurazione del contraddittorio sulle ragioni che hanno portato all’emanazione del provvedimento sfavorevole.
In considerazione dell’interruzione dei termini di durata del procedimento conseguente alla comunicazione di cui all’art. 10 bis, inoltre, applicare tale disposizione ai procedimenti da ricorso amministrativo determinerebbe l’allungamento dei termini della decisione, con perdita di efficienza e semplificazione a fronte di un contraddittorio non necessario.

Infine, si dice, in virtù delle peculiarità che li caratterizzano, i ricorsi amministrativi costituiscono un ambito di attività sottratta all’applicazione della legge generale sul procedimento amministrativo, costituendo un sistema autonomo. Essi, infatti, svolgono una funzione giustiziale e, di conseguenza, devono ispirarsi ai principi propri dei rimedi giurisdizionali e non a quelli dettati in tema di procedimenti amministrativi, dove l’amministrazione opera in qualità di parte a tutela di interessi pubblici specifici.
Secondo quanto affermato dalla legge, il preavviso di diniego è un atto di competenza del responsabile del procedimento ovvero del responsabile del provvedimento finale.
Per l’orientamento prevalente, il mittente della comunicazione deve individuarsi considerando la fase in cui è stato elaborato il provvedimento negativo, la quale coincide generalmente con il termine dell’istruttoria di cui all’art. 6 legge n. 241/90, momento in cui si deve procedere alla compilazione della relazione conclusiva, la quale deve infatti essere corredata da una proposta di provvedimento finale.
Nel caso in cui la proposta sia in senso sfavorevole, la comunicazione del preavviso di diniego sarebbe pertanto di competenza del responsabile del procedimento, organo al quale la legge affida il compito di coordinare l’istruttoria.
Qualora l’organo competente ad adottare il provvedimento finale sia invece un soggetto diverso dal responsabile del procedimento, sarà allora tale autorità, nel caso in cui ritenga di discostarsi dalla proposta di provvedimento favorevole, a dover effettuare la comunicazione di cui all’art. 10 bis.
Con riguardo invece al soggetto al quale la comunicazione deve essere effettuata, si ritiene che possa considerarsi tale solo l’istante, a nulla rilevando l’eventuale presenza di controinteressati.

Tanto premesso, il preavviso di rigetto non può consistere nella generica affermazione di essere in procinto di emanare un provvedimento sfavorevole, dovendo altresì essere indicate tutte le ragioni in base alle quali si ritiene che l’istanza presentata dal privato non possa essere accolta.
Ne deriva, afferma la giurisprudenza, che l’adozione di un provvedimento negativo in base a motivi differenti da quelli previamente comunicati all’istante, costituisce violazione dell’art. 10 bis e comporta pertanto l’illegittimità del provvedimento successivamente emanato.
Quando si renda conto di dover procedere al rigetto dell’istanza del privato sulla base di una motivazione diversa da quella previamente comunicata, l’amministrazione sarà quindi tenuta a notificare un altro preavviso di rigetto, sollecitando nuovamente il contraddittorio procedimentale.
In ogni caso, dice la giurisprudenza, per il principio della sanatoria per raggiungimento dello scopo, deve escludersi l’annullabilità del provvedimento, pur non preceduto da preavviso, quando emerga che il privato abbia avuto comunque conoscenza dei motivi ostativi aliunde.
La violazione dell’obbligo di comunicazione del preavviso di diniego, al pari di tutte le altre norme sul procedimento amministrativo, era inizialmente soggetta alla regola dettata dal secondo comma dell’art. 21 octies legge n. 241/90.

Articolo 21 octies
Annullabilità del provvedimento
1. È annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza.
2. Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

L’omessa comunicazione del suddetto preavviso, pertanto, non era suscettibile di comportare l’annullabilità del provvedimento nel caso in cui, per la natura vincolata dello stesso, sia certo che l’apporto partecipativo del privato non avrebbe in ogni caso potuto incidere sul contenuto di detto provvedimento, il quale non poteva essere diverso da quello in concreto adottato.
La norma sanciva così il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, equiparando la mancata comunicazione del preavviso di diniego all’omessa notificazione della comunicazione di avvio del procedimento, considerati entrambi come vizi attinenti alla forma del provvedimento.
Si riteneva, in ogni caso, che le limitazioni all’annullabilità degli atti riguardassero esclusivamente i provvedimenti vincolati: il secondo periodo del comma 2 dell’articolo menzionato, infatti, era ritenuta norma eccezionale e, come tale, applicabile solo al vizio specificatamente indicato, ossia alla mancata comunicazione di avvio del procedimento, mentre non era considerata suscettibile di estensione analogica alla diversa ipotesi della mancata comunicazione del preavviso di diniego.
Con il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, il legislatore ha tuttavia superato tale impostazione, escludendo che la mancata notificazione del preavviso di diniego possa considerarsi come un vizio di mera forma, attenendo al contrario alla sostanza dell’atto e determinando così la necessità di procedere all’annullamento del provvedimento finale a prescindere dal fatto che il suo contenuto non poteva essere diverso da quello in concreto adottato.
Con la medesima legge, infine, il legislatore ha introdotto una specifica prescrizione nell’art. 10 bis della legge n. 241/90, operante nel caso in cui l’amministrazione, annullato in sede giudiziaria il provvedimento emanato, provveda al riesercizio del potere.

Articolo 10 bis
Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza
1. Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l’autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. La comunicazione di cui al primo periodo interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo. Dell’eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali. Non possono essere addotti tra i motivi che ostano all’accoglimento della domanda inadempienze o ritardi attribuibili all’amministrazione.

In tale eventualità, infatti, è previsto che nell’esercitare nuovamente il potere l’amministrazione non possa addurre per la prima volta motivi ostativi già emergenti dall’istruttoria del provvedimento annullato.
Trattasi, in particolare, della regola del c.d. “one shot” procedimentale, in base alla quale è preclusa all’amministrazione l’emanazione di un nuovo provvedimento di diniego nel caso in cui lo stesso si fondi su ragioni già emerse nel corso della prima istruttoria ma non previamente comunicate all’interessato.
In pratica, affinché il nuovo provvedimento di rigetto possa ritenersi legittimo è necessario che lo stesso tragga il proprio fondamento su motivazioni sopravvenute alla suddetta istruttoria o comunque dall’amministrazione non ancora conoscibili in quel dato momento.

Tags: DiniegoProcedimento amministrativoTrasparenza atti amministrativi

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