Nella procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore la ricostruzione della normale redditività si ha solo all’esito del contraddittorio obbligatorio a pena di nullità dell’accertamento. È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione V, con la sentenza del 27 maggio 2015, n. 10920.
Viene affermato, infatti, con la sentenza in esame che «è ormai stabilizzato, nella giurisprudenza di questa corte, il principio per cui la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici (non legali, come invece affermato dall’amministrazione nel primo motivo del suo ricorso)» e che «La gravità, precisione e concordanza di tale sistema di presunzioni non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati, meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività, ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente con il contribuente, pena la nullità dell’accertamento» (Corte di Cassazione, Sezione V, 11 dicembre 2012, n. 22599 e Corte di Cassazione, Sezione V, 4 aprile 2012, n. 5399).
In tale sede «quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti a cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame», mentre «la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente».
Il che significa affermare che la gravità, precisione e concordanza del sistema di presunzioni semplici della procedura di accertamento non è determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati ma si verifica solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento.
Sulla scorta degli enunciati principi, nel caso in esame, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la decisione della C.T.R. delle Marche (Commissione Tributaria Regionale di Ancona, sentenza 3 giugno 2008, n. 78) che aveva respinto l’appello della medesima ricorrente nei confronti della decisione resa dal giudice tributario di primo grado il quale aveva accolto il ricorso del contribuente avverso un avviso di accertamento emesso in applicazione degli studi di settore.
Cassazione civile, sez. V tributaria, 27 maggio 2015, n. 10920