Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Sulmona ha accolto il ricorso di un detenuto italiano di 53 anni volto all’adozione di altro detenuto maggiorenne di nazionalità ghanese.
Ai fini dell’accoglimento della richiesta di adozione di una persona maggiore di età è necessario che il giudice accerti la sussistenza dei presupposti indicati nel Libro I, Titolo VII del codice civile.
In particolare l’art. 291 c.c. limita l’esperibilità del ricorso per adozione unicamente a coloro che hanno compiuto gli anni trentacinque e che superano almeno di diciotto anni l’età di coloro che essi intendono adottare.
A seguito della sentenza n. 557 del 1988 della Corte Costituzionale l’adozione è consentita anche alle persone che hanno discendenti legittimi o legittimati purché maggiorenni e consenzienti. Ove presenti, devono inoltre prestare il consenso all’adozione, ai sensi dell’art. 297 c.c., i genitori dell’adottando ed il coniuge dell’adottante e dell’adottando, se coniugati e non legalmente separati.
Nel caso di specie il ricorrente, non avendo prole, depositava copia di dichiarazione favorevole all’adozione da parte della moglie, tornata nel paese d’origine a seguito dell’arresto del coniuge, mentre l’adottando, privo di famiglia, si limitava a prestare, come lo stesso adottante, l’assenso richiesto dall’art. 296 c.c. con le forme stabilite dall’art. 311 c.c..
L’accoglimento del ricorso per adozione di maggiorenni è inoltre subordinato all’accertamento da parte del giudice della convenienza dell’adozione per l’adottando (art. 312 c.c.), la cui sussistenza in concreto veniva desunta dalla particolari condizioni di disagio in cui si trovava il detenuto extracomunitario.
In tema di adozione il giudice, oltre all’accertamento dei requisiti richiesti dalla legge ed appena elencati, deve verificare, specie in casi di particolare rilevanza come quello in esame, che la stessa sia lecita, ovvero come affermato dal collegio di prime cure, che non “sia diretta a realizzare finalità diverse dalla costituzione di un rapporto di filiazione giuridica, come mezzo per ottenere la cittadinanza italiana o altri benefici a favore di stranieri, per procurarsi gratuitamente servigi, assistenza o prestazioni di lavoro”.
Nel caso di che trattasi il Tribunale ha potuto accertare la rispondenza della richiesta di adozione a particolari esigenze di solidarietà umana, ricordando “l’elevato spirito umanitario” mostrato dall’adottando nei confronti dell’ adottante, il quale, gravemente malato, nel periodo di comune convivenza nella Casa Circondariale di Brescia, ha beneficato della bontà e dell’assistenza prestata dal compagno di cella, oggi suo figlio.
Tribunale di Sulmona, sez. civile, 23 aprile 2013, n 1