La detenzione e la vendita di prodotti alimentari confezionati per i quali sia prescritta l’indicazione “da consumarsi preferibilmente entro il …”, o quella “da consumarsi entro il…” qualora la data sia superata, non integra alcuna ipotesi di reato tra quelle previste e punite dal combinato disposto degli artt. 5 e 6 della L. 283/1962 (Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande) ma solo l’illecito amministrativo di cui artt. 10 e 18 del D.Lgs. n. 109/1992 (Attuazione delle direttive (CEE) n. 395/89 e (CEE) n. 396/89, concernenti l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari).
La legge n. 283 del 1962, all’art. 5 lett. b) infatti vieta di impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, di vendere, di detenere per vendere o di somministrare (o comunque distribuire per il consumo), sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione ovvero preparate o messe in vendita senza l’osservanza delle prescrizioni normative dettate a garanzia della loro buona conservazione sotto il profilo igienico-sanitario e che mirano a prevenire la loro precoce alterazione.
Diversamente il “termine minimo di conservazione” previsto dall’art. 10 del d.Lgs 109/92 è la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione e non ha alcuna attinenza con le modalità di conservazione della sostanza alimentare stessa.
Cassazione penale, sez. III, 23 luglio 2008, 30858