Si agli agli assegni famigliari agli extracomunitari soggiornati di lungo periodo anche se i famigliari sono all’estero
I cittadini extracomunitari, soggiornanti di lungo periodo e con permesso unico di lavoro, in base al diritto europeo non possono essere trattati in modo diverso dai cittadini italiani e pertanto possono accedere al beneficio dell’assegno per il nucleo familiare anche se alcuni componenti della famiglia risiedono temporaneamente nel paese di origine.
La parità di trattamento fra i destinatari dell’assegno per il nucleo famigliare deve essere garantita dai giudici, tenuti ad applicare il diritto europeo, anche «disapplicando all’occorrenza» le norme nazionali in contrasto con il diritto dell’Unione. Il cui primato, si legge nella decisione, è il principio che costituisce «l’architrave su cui poggia la comunità di Corti nazionali, tenute insieme da convergenti diritti e obblighi».
Già la Corte di giustizia della Ue, rispondendo ai due rinvii pregiudiziali della Cassazione, aveva ribadito che la disciplina italiana dell’assegno familiare era «non compatibile» con quanto stabilito dalle direttive europee sui soggiornanti di lungo periodo e sul rilascio di permesso unico di lavoro, e adesso è la Consulta a rilevare come da quelle direttive derivi dunque l’obbligo di non differenziare il trattamento dei cittadini di Paesi terzi regolarmente soggiornanti.
La Corte di cassazione, sezione lavoro, aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 6-bis, del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69 (Norme in materia previdenziale, per il miglioramento delle gestioni degli enti portuali ed altre disposizioni urgenti), convertito, con modificazioni, nella legge 13 maggio 1988, n. 153. La disposizione censurata, collocata all’interno della disciplina dell’assegno per il nucleo familiare, prevede che «non fanno parte del nucleo familiare di cui al comma 6 il coniuge, i figli ed equiparati di cittadino straniero che non abbiano la residenza nel territorio della Repubblica, salvo che lo Stato di cui lo straniero è cittadino riservi un trattamento di reciprocità nei confronti dei cittadini italiani ovvero sia stata stipulata convenzione internazionale in materia di trattamenti di famiglia».
Pur tuttavia con l’art. 1 del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 (Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo), il legislatore è intervenuto sull’art. 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), prevedendo, al comma 12, che lo straniero titolare del permesso di soggiorno di lungo periodo può usufruire delle prestazioni di assistenza sociale, di previdenza sociale ed altro, salvo che sia diversamente disposto e sempre che sia dimostrata l’effettiva residenza dello straniero sul territorio nazionale.
D.Lgs. 286/1998 Testo unico immigrazione
Art. 9 comma 12Oltre a quanto previsto per lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato, il titolare del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo può :
a) fare ingresso nel territorio nazionale in esenzione di visto e circolare liberamente sul territorio nazionale salvo quanto previsto dall’articolo 6, comma 6;
b) svolgere nel territorio dello Stato ogni attività lavorativa subordinata o autonoma salvo quelle che la legge espressamente riserva al cittadino o vieta allo straniero. Per lo svolgimento di attività di lavoro subordinato non è richiesta la stipula del contratto di soggiorno di cui all’articolo 5-bis;
c) usufruire delle prestazioni di assistenza sociale, di previdenza sociale, di quelle relative ad erogazioni in materia sanitaria, scolastica e sociale, di quelle relative all’accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico, compreso l’accesso alla procedura per l’ottenimento di alloggi di edilizia residenziale pubblica, salvo che sia diversamente disposto e sempre che sia dimostrata l’effettiva residenza dello straniero sul territorio nazionale (A);
d) partecipare alla vita pubblica locale, con le forme e nei limiti previsti dalla vigente normativa .