L’art. 35 comma 1, lett. a) del R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736 secondo cui “l’ordine di non pagare la somma dell’assegno bancario non ha effetto che dopo spirato il termine di presentazione”, deve essere interpretato, sia con riferimento al significato letterale delle parole sia in base alle intenzioni del legislatore, nel senso che prima della detta scadenza la banca non deve tener conto della revoca eventualmente disposta, dovendo al contrario provvedere al pagamento se vi sono fondi disponibili.
Da un punto di vista lessicale, non potrebbe infatti essere attribuito diverso significato al collegamento operato fra l’efficacia della revoca e la scadenza del termine per la presentazione del titolo, mentre sotto un profilo prettamente logico-sistematico la disposizione appare riconducibile all’esigenza di assicurare un affidabile circolazione del titolo, per la cui concreta realizzazione il legislatore ha inteso operare un rafforzamento delle misure finalizzate a garantire l’esistenza dei fondi dal momento dall’emissione dell’assegno fino alla scadenza del termine di presentazione.
Fra tali misure va per l’appunto annoverata quella in esame, che subordinando l’efficacia della revoca dell’ordine di pagamento alla scadenza del termine di presentazione dell’assegno determina, nei limiti del suo ammontare (e fino al maturare del termine indicato), pone un vincolo specifico ed immodificabile di destinazione della provvista (così, testualmente, Cass. 3 giugno 2004, n. 10579), vincolo destinato ad operare in deroga al principio secondo cui la convenzione di cheque vincola la banca solo verso l’emittente.
Ne deriva che, in caso di versamento dell’assegno sul conto corrente del prenditore prima ancora che sia decorso il termine di presentazione, la banca non può stornare la somma precedentemente accreditata a fronte della comunicazione proveniente dalla banca trattaria dell’ordine di non pagare impartito dal traente il titolo.
Il riaddebito da parte della banca di una somma corrispondente a quella precedentemente accreditata si configura come danno conseguente ad una condotta contraria ad una norma di legge, in ordine alla quale non assume alcun rilievo la facoltà del prenditore di agire, in base al titolo, nei confronti del traente.