Locazione uso non abitativo: sul diritto di ripetizione delle somme non dovute in quanto costituenti aumenti di canone e non semplice aggiornamento del corrispettivo.
Va anzitutto osservato che in tema di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo questa Corte ha già avuto modo di affermare che ogni pattuizione avente ad oggetto non già l’aggiornamento del corrispettivo ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 32 ma veri e propri aumenti del canone deve ritenersi nulla ex art. 79, comma 1, della stessa legge, in quanto diretta ad attribuire al locatore un canone più elevato rispetto a quello previsto dalla norma, senza che il conduttore possa, neanche nel corso del rapporto, e non soltanto in sede di conclusione del contratto, rinunziare al proprio diritto di non corrispondere aumenti non dovuti (v. Cass., 27/7/2001, n. 10286. Conformemente v. Cass., 23/7/2002, n. 10728;Cass., 20/10/2003, n. 15647).
A tale stregua questa Corte si è condivisibilmente discostata dal diverso orientamento secondo cui il divieto posto dalla L. n. 392 del 1972, art. 79 (comminante la nullità delle pattuizioni dirette ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello dovuto) è da intendersi come diretto ad evitare una elusione solamente di tipo preventivo dei diritti del locatario, e, attesa la desunta possibilità di disporre dei diritti una volta sorti e quindi suscettibili di essere fatti valere, ritiene valido il patto avente ad oggetto l’aumento del canone convenuto nel corso del rapporto (v.Cass, 19/11/1993, n. 11402. V. anche Cass., 23/2/1995, n. 2069).
Argomentando dal complessivo tenore della norma, si è al riguardo posto in rilievo che il comma 1 del citato art. 79 sanziona di nullità un’ampia gamma di pattuizioni, comprensiva di quelle volte a limitare la durata legale del contratto; ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto al canone di legge; ad attribuire al locatore altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della legge sull’equo canone. Mentre al comma 2 (secondo cui “Il conduttore, con azione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegna dell’immobile locato, può ripetere le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla presente legge”) è dettata una specifica disciplina circa i modi ed i tempi per far valere la nullità, con riferimento alle sole pattuizioni dalle quali consegua la corresponsione di somme di denaro, tra le quali sono ovviamente comprese le pattuizioni aventi ad oggetto la determinazione del canone in difformità da quanto previsto dalla legge. Traendosene, quale corollario, che il diritto a non erogare somme in misura eccedente il canone legalmente dovuto sorge al momento della conclusione del contratto; persiste durante tutto il corso del rapporto; può essere fatto valere, in virtù di espressa disposizione legislativa, dopo la riconsegna dell’immobile locato, entro il termine di decadenza di sei mesi (v. Cass., 27/7/2001, n. 10286).
Se il diritto in esame può essere fatto valere dopo la riconsegna dell’immobile, non è sostenibile, si è osservato, che di esso possa disporre il conduttore in corso di rapporto, accettando aumenti non dovuti.
La validità di una rinunzia espressa o tacita del medesimo ad avvalersi del diritto a non subire aumenti non dovuti, eventualmente intervenuta in corso di rapporto, appare inconciliabile, si è posto in rilievo, con la facoltà attribuita al conduttore di ripetere “le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla presente legge” entro sei mesi dalla riconsegna dell’immobile.
È pertanto la riconsegna dell’immobile (con conseguente cessazione del rapporto di fatto tra il conduttore e la cosa locata) ad individuare, per espressa scelta del legislatore, il momento dal quale il diritto alla ripetizione di quanto indebitamente pagato può essere fatto valere dal conduttore “liberamente”, e cioè senza la “remora” che il locatore possa agire in ritorsione nei suoi confronti (v. Cass., 27/7/2001, n. 10286).
A tale stregua, la ragione del divieto risultante dal combinato disposto di cui agli artt. 32 e 79 L. Loc. è da ravvisarsi (secondo quanto affermato già da Corte Cost. – ord. -, 2/1/1990, n. 3) nell’esigenza di evitare “veri e propri aumenti” del canone, con aggiramento della norma che consente alle parti la libera determinazione del canone iniziale mentre nel corso del rapporto ne ammette invece solo l’aggiornamento, che è volto a neutralizzare l’incidenza della perdita del potere di acquisto della moneta. Oltre che nell’interesse ad evitare altresì “remore” all’esercizio del diritto, per timore di ritorsioni durante il rapporto locatizio (v. Cass. 27/7/2001, n. 10286).
Massima tratta da: Massimario della Corte di Cassazione
Cassazione civile, sez. III, 11 aprile 2006, n. 8410