L’avvocato nominato giudice onorario resta iscritto alla Cassa Nazionale di Previdenza Forense, con conseguente permanenza di tutti gli obblighi previdenziali e contributivi connessi, compreso il dovere di comunicare i redditi professionali alla Cassa atteso che l’indennità corrisposta ai giudici onorari aggregati è considerata “a tutti gli effetti della L. 20 settembre 1980, n. 576, quale reddito professionale.
«La L. n. 276 del 1997, art. 9, (intitolato “Cancellazione dall’albo, cessazione dagli incarichi giudiziari e collocamento fuori ruolo”) stabilisce che “[…]la nomina a giudice onorario aggregato comporta la cancellazione dall’albo degli avvocati ai sensi del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 37, comma 1, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 gennaio 1934, n. 36. Permane tuttavia l’iscrizione alla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli avvocati e procuratori ed il periodo di attività quale giudice onorario aggregato è considerato quale periodo di esercizio professionale ai fini del diritto al trattamento previdenziale previsto dalla L. 20 settembre 1980, n. 576, e successive modificazioni […]”.
Inoltre l’art. 8 della stessa legge prevede al comma 5 che “l’indennità di cui al comma 2, corrisposta ai giudici onorari aggregati nominati tra gli avvocati iscritti al relativo albo è considerata a tutti gli effetti della L. 20 settembre 1980, n. 576, quale reddito professionale”.
Da questi primi riferimenti normativi si evince dunque, in modo chiaro, che la nomina a giudice onorario aggregato comporti soltanto la cancellazione dall’albo degli avvocati, mentre “permane” l’iscrizione alla Cassa nazionale di previdenza.
Si desume inoltre che l’indennità corrisposta ai giudici onorari aggregati è considerata “a tutti gli effetti della L. 20 settembre 1980, n. 576, quale reddito professionale”; ed è pertanto, in quanto tale, soggetta all’obbligo di comunicazione annuale obbligatoria alla Cassa stabilito dall’art. 17 della medesima legge appena citata, per gli stessi redditi professionali conseguiti dagli avvocati.
Neppure può costituire motivo di incompatibilità dell’iscrizione alla Cassa e del correlato obbligo di comunicazione, il fatto che il ricorrente avesse già conseguito il pensionamento, in quanto dalla L. n. 576 del 1980, art. 10, comma 2, (relativo al contributo soggettivo) si evince che esso sia dovuto “anche dai pensionati” (“Il contributo di cui ai commi precedenti è dovuto anche dai pensionati che restano iscritti all’albo degli avvocati o all’albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori; ma l’obbligo del contributo minimo è escluso dall’anno solare successivo alla maturazione del diritto a pensione, e il contributo è dovuto in misura pari al 3 per cento del reddito dell’anno solare successivo al compimento dei cinque anni dalla maturazione del diritto a pensione”)».
Massima tratta da: Estratto della sentenza
Cassazione civile sez. lavoro, 13 giugno 2017, n. 14659