Avvocato pagato in contante. È ammissibile la prova per testi di somme pagate in contante?
Nel caso in cui si contesta, all’avvocato che ha agito per ottenere il pagamento dei propri onorari, il fatto di aver versato delle somme in contante può considerarsi ammessa la prova testimoniale su tale circostanza ma solo entro determinati limiti.
Come noto ai sensi dell’art. 2726 cod. civ. le norme stabilite per la prova testimoniale si applicano anche al pagamento e alla remissione del debito. È quindi ammessa la deroga al divieto della prova testimoniale in ordine al pagamento di somme di denaro in contante eccedenti il limite previsto dall’art. 2721 (di 2,58 euro), richiamato dall’art. 2726 specificamente per il pagamento, ma la deroga è subordinata ad una concreta valutazione delle ragioni in base alle quali, nonostante l’esigenza di prudenza e di cautela che normalmente richiedono gli impegni relativi a notevoli esborsi di denaro, la parte non abbia curato di predisporre una documentazione scritta (sent. 18.3.1968 n. 879).
Nella fattispecie il Tribunale di Cagliari aveva rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo emesso a favore di un avvocato per le somme dovute a titolo di compenso professionale. L’opposizione invece è stata accolta in sede di appello, in cui dalla somma dovuta al professionista è stato decurtato un acconto di oltre 3.000 euro pagato in contati, come emerso dalle dichiarazioni testimoniali dei genitori della parte opponente.
La Suprema Corte, accogliendo il ricorso dell’avvocato, ha quindi rinviato alla Corte d’Appello affinché, nel decidere, tenga conto del summenzionato principio di diritto e quindi valuti le ragioni della mancata predisposizione di una ricevuta scritta a fronte di detto pagamento in contante.
Cassazione civile, sez. II, 20 aprile 20201, n. 7940