È pacifico principio di diritto, tratto dagli artt. 30 Costituzione, 147, 148 e 155 cod. civ. nonché dall’art. 6 legge sul divorzio (L. 898/1970) che i figli maggiorenni ma tuttora dipendenti, non per loro colpa, dai genitori hanno diritto a conseguire il mantenimento da costoro, fino al momento in cui raggiungano una propria indipendenza economica. È altresì acclarato in giurisprudenza (Cass.civ. 407/2007; 22498/2006) che il conseguimento di emolumenti percepiti in via precaria come una borsa di studio universitaria o altri compensi attribuiti in vista dell’apprendimento di una professione, per la loro stessa natura, consistenza e temporaneità, non sia equiparabile ad un ordinario rapporto di lavoro subordinato.
Sulla scorta di tali premesse la S.C. ha pertanto ritenuto gravante sul ricorrente, il quale domandi la revoca ovvero la riduzione dell’assegno corrisposto a titolo di mantenimento, la prova dell’adeguatezza di siffatti emolumenti a garantire l’autosufficienza del figlio. Allo scopo non è bastevole il mero godimento di un reddito quale che sia, occorrendo la prova dell’adeguatezza di tale reddito ad assicurare la completa autosufficienza economica, anche con riferimento alla durata del rapporto in futuro.