Un soggetto acquirente di un’autovettura usata, dopo aver scoperto che i chilometri effettivamente percorsi dall’auto erano molti di più di quelli indicati dal contachilometri, agisce in giudizio chiedendo l’annullamento del contratto di compravendita per dolo del venditore. Quest’ultimo resiste in giudizio affermando e provando con prove documentali e testimoniali di non aver manomesso il contachilometri, il quale ben avrebbe potuto essere stato alterato dal precedente proprietario. La Corte d’Appello riconosce la fondatezza del ricorso proposto e, riformando la sentenza di primo grado, esclude l’esistenza di un raggiro posto in essere dal venditore, in particolare un’autofficina specializzata. Giunti in Cassazione, i giudici di legittimità rovesciano la valutazione effettuata dalla Corte territoriale poiché la stessa, pur avendo accertato che il contachilometri dell’automobile fosse stato alterato e manomesso, ha escluso che quell’alterazione integrasse gli estremi di un raggiro perché non imputabile ai venditori, tuttavia senza verificare se il soggetto venditore fosse comunque a conoscenza di quella manomissione.
Infatti secondo il Supremo Collegio, il soggetto venditore, essendo un’autofficina specializzata, avrebbe dovuto dubitare di un’autovettura venduta dal precedente proprietario dopo aver percorso solo 20.000 Km e inoltre ben avrebbe potuto effettuare un attento controllo dello stato di manutenzione dell’autovettura stessa. Dunque, pur non essendo imputabile al soggetto venditore la materiale alterazione del contachilometri, la Corte di cassazione accoglie il ricorso proposto dall’acquirente in quanto l’officina, avendo taciuto o mentito in merito agli effettivi chilometri percorsi dalla autovettura oggetto di vendita, avrebbe determinato un vizio della volontà contrattuale dell’acquirente.
In base a tali presupposti la Corte di legittimità cassa la sentenza impugnata applicando il principio di diritto secondo cui “il dolo quale causa di annullamento del contratto ai sensi dell’art. 1439 c.c. può consistere tanto nell’ingannare con notizie false, con parole o con fatti la parte interessata (dolo commissivo) quanto nel nascondere alla conoscenza di altri, col silenzio o con la reticenza, fatti o circostanze decisive (dolo omissivo)”.
Cassazione civile, sez. II, 2 febbraio 2012, n. 1480