TAR Lombardia Brescia, sez. II, 8 gennaio 2014, n. 6
L’art. 9 comma 1 lett. f) della legge 5 febbraio 1992 n. 91 prevede che la cittadinanza italiana possa essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’interno, allo straniero che risieda legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.
Detta norma attribuisce rilevanza giuridica ai periodi di soggiorno nel territorio italiano solo se coperti dall’apposito titolo autorizzatorio e certificati dall’autorità anagrafica, in quanto la condizione di “residenza legale” va riferita a quella indicata dall’art. 1 comma 2 lett. a), d.P.R. 12 ottobre 1993 n. 572, che presuppone che il residente abbia soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalla norme in materia di ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in materia di iscrizione anagrafica.
In tale prospettiva, non si rivela utile a configurare il presupposto della “residenza legale ultradecennale” il mantenimento di una situazione residenziale di mero fatto, essendo invece a tal fine necessario che la stessa sia stata accertata in conformità alla disciplina interna in materia di anagrafe.
Inoltre il prescritto periodo minimo decennale di residenza legale non può essere raggiunto mediante la sommatoria di più distinti soggiorni legali tra loro non continuativi, allo stesso modo esso non può essere integrato da un precedente soggiorno legale ultradecennale continuativo ma giuridicamente risolto e che si collochi, dunque, in discontinuità temporale con il momento di presentazione della domanda di cittadinanza. Incombe sullo straniero l’onere di attivarsi in caso di disguidi e/o errori nelle cancellazioni anagrafiche che lo riguardano.
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TAR Lombardia Brescia, sez. II, 8 gennaio 2014, n. 6