«In tema di concussione, la sussistenza del reato va esclusa quando la prestazione promessa od effettuata dal soggetto passivo, a seguito di induzione o costrizione da parte dell’agente, giovi esclusivamente alla Pubblica Amministrazione e rappresenti una utilità per il perseguimento dei relativi fini istituzionali, poiché in tal caso non si determina lesione per l’oggetto giuridico del reato (buon andamento della P.A.), ed il fatto manca di tipicità, non potendosi l’agente identificare nell’Ente e non potendo questo – dato il rapporto di rappresentanza organica che lo lega al funzionario operante – considerarsi alla stregua di terzo destinatario della prestazione promessa od effettuata».
L’impegno da parte del sindaco di reperire soggetti disposti a sponsorizzare la squadra di calcio in dissesto finanziario della propria città, ovvero a favorire la formazione di cordate di imprenditori che rilevino la società dai precedenti titolari, non integra ex se il reato di concussione.
La consolidata elaborazione giurisprudenziale in tema di concussione ritiene che nell’espressione “altra utilità” di cui all’art. 317 c.p. va ricompreso tutto ciò che rappresenta un vantaggio per la persona, materiale o morale, patrimoniale o non patrimoniale, oggettivamente apprezzabile, consistente tanto in un dare quanto in un facere, conseguentemente rientrandovi anche il vantaggio di natura politica. Non appartiene a tale categoria il vantaggio di natura istituzionale che, giovando esclusivamente alla P.A., esclude la sussistenza del reato.
Ai fini della configurabilità del reato di concussione in relazione all’ipotizzato fatto criminoso del sindaco è pertanto necessario un compiuto accertamento sulla natura del suo intervento che, solo ove sia volto al perseguimento di un vantaggio personale o politico, può integrare gli estremi del reato di concussione.
Nel caso di specie la Suprema Corte ha disatteso la pronuncia della Corte territoriale che, prescindendo dalla disamina specifica del materiale probatorio a disposizione, riteneva che l’interessamento del pubblico amministratore alle sorti delle squadre di calcio in crisi finanziaria non rientrasse tra i fini istituzionali dell’ente ma solo ed esclusivamente tra quelli politici e personali, individuabili nel “prestigio che gli sarebbe derivato dal poter sostenere pubblicamente che solo grazie al suo fattivo interessamento la locale squadra di calcio poteva affrontare il campionato con sufficienti risorse economiche”.
Simile affermazione, ad avviso della Suprema Corte, pur se astrattamente fondata, avrebbe necessitato di espressa dimostrazione sulla base di specifiche risultanze processuali, al fine di accertare se il sindaco avesse agito per il conseguimento di un vantaggio personale ovvero per finalità istituzionali, “nelle quali potrebbe di fatto rientrare anche quello di promuovere l’attività sportiva, finanziando una squadra di calcio”.
Cassazione penale, sez. II, 15 novembre 2013, n. 45970