Nessuna esimente per l’avvocato che in un’intervista offende il teste o la parte avversaria.
Rischia la condanna per diffamazione (nel caso di specie a mezzo stampa) ed il risarcimento dei relativi danni l’avvocato che, nel rilasciare un’intervista, pronunci delle dichiarazioni offensive nei confronti del testimone o della parte avversaria.
L’illiceità della sua condotta non è esclusa dall’esercizio del mandato difensivo nel momento in cui le dichiarazioni vengono rese al di fuori di un’aula di giustizia o di un atto del processo.
Come specifica la S.C. non «…può farsi richiamo al legittimo esercizio del diritto di difesa, poiché, secondo un principio del tutto scontato nella giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis: Cass. pen., sez. V, n. 5403/89, rv. 181028; Cass. pen., sez. V, n. 11745/88, rv. 179833; Cass. pen., sez. V, n. 1368/87, rv. 175038), non sussiste l’esimente di cui all’art. 598 c.p. allorché gli scritti o le espressioni a contenuto offensivo siano inviati non solo a coloro che ne debbono essere i destinatari nell’ambito del processo, ma – siccome è avvenuto nella fattispecie in oggetto – anche ad altre persone, che nel processo non possono e non debbono avere alcuna parte.
In tale ipotesi, infatti, mentre non può ritenersi sussistente la condizione richiesta dalla stessa lettera della legge, che, riferita agli scritti presentati ed ai discorsi pronunciati dinanzi all’autorità giudiziaria, intende evidentemente riferirsi ad atti destinati ad essere utilizzati unicamente all’interno del processo, deve, d’altro lato, rilevarsi che viene a mancare, in relazione all’ulteriore diffusione, il fondamento stesso dell’esimente e cioè la necessità degli interessati di difendersi e di tutelare le proprie ragioni.
La non riferibilità della previsione di cui all’art. 598 c.p. agli scritti ed alle espressioni che, pur provenienti da un difensore dell’imputato, abbiano destinazione diversa dalla sede giudiziale competente e siano, invece, diretti alla pubblicazione a mezzo stampa, assorbe l’altro rilievo circa il regime di pubblicità o meno degli atti di istruzione preventiva assunti con l’incidente probatorio».
Cassazione civile, sez. III, 3 dicembre 2007, n. 25171