Secondo le Sezioni Unite della Casazione, chiamate a comporre il contrasto giurisprudenziale in materia «la parte che contesti l’autenticità del testamento olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, e l’onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema di accertamento negativo, grava sulla parte stessa».
Secondo il Collegio la proposizione di una azione di accertamento negativo che ponga una questio nullitatis in seno al processo (anche se, più correttamente, sarebbe a discorrere di una quaestio inexistentiaé) consente di rispondere alle seguenti esigenze:
- mantenere il testamento olografo definitivamente circoscritto nell’orbita delle scritture private;
- evitare la necessità di individuare un (assai problematico) criterio che consenta una soddisfacente distinzione tra la categoria delle scritture private la cui valenza probatoria risulterebbe “di incidenza sostanziale e processuale intrinsecamente elevata, tale da richiedere la querela di falso”, non potendosi esse “relegare nel novero delle prove atipiche” (così la citata Cass. ss.uu. 15161/2010 al folio 4 della parte motiva); dall’altro, di non equiparare l’olografo, con inaccettabile semplificazione, ad una qualsivoglia scrittura proveniente da terzi, destinata come tale a rappresentare, quoad probationis, una ordinaria forma di scrittura privata non riconducibile alle parti in causa;
- evitare che il semplice disconoscimento di un atto caratterizzato da tale peculiarità ed efficacia dimostrativa renda troppo gravosa la posizione processuale dell’attore che si professa erede, riversando su di lui l’intero onere probatorio del processo in relazione ad un atto che, non va dimenticato, è innegabilmente caratterizzato da una sua intrinseca forza dimostrativa;
- evitare che la soluzione della controversia si disperda nei rivoli di un defatigante procedimento incidentale quale quello previsto per la querela di falso, consentendo di pervenire ad una soluzione tutta interna al processo, anche alla luce dei principi affermati di recente da questa stessa Corte con riguardo all’oggetto e alla funzione del processo e della stessa giurisdizione, apertamente definita “risorsa non illimitata” (Cass. ss.uu. 26242/2014).