In caso di contratto concluso da falsus procurator, la deducibilità nel giudizio costituisce una mera difesa poiché la sussistenza del potere rappresentativo in capo a colui che ha speso il nome altrui integra un elemento costitutivo della pretesa fatta valere dal terzo contraente, sicché non è soggetta alle preclusioni di cui agli artt. 167 e 345 cod. proc. civ., può essere dedotta dalla parte interessata e, ove il difetto risulti dagli atti, può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
Questo il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte:
«Poiché la sussistenza del potere rappresentativo in capo a chi ha speso il nome altrui è elemento costitutivo della pretesa che il terzo contraente intenda far valere in giudizio sulla base di detto negozio, non costituisce eccezione, e pertanto non ricade nelle preclusioni previste dagli artt. 167 e 345 cod. proc. civ., la deduzione della inefficacia per lo pseudo rappresentato del contratto concluso dal falsus procurator; ne consegue che, ove il difetto di rappresentanza risulti dagli atti, di esso il giudice deve tener conto anche in mancanza di specifica richiesta della parte interessata, alla quale, a maggior ragione, non è preclusa la possibilità di far valere la mancanza del potere rappresentativo come mera difesa».
Art. 167 cod. proc. civ. – Comparsa di risposta
Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda, indicare le proprie generalità e il codice fiscale, i mezzi di prova di cui intende valersi e i documenti che offre in comunicazione, formulare le conclusioni.
A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio. Se è omesso o risulta assolutamente incerto l’oggetto o il titolo della domanda riconvenzionale, il giudice, rilevata la nullità, fissa al convenuto un termine perentorio per integrarla. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti acquisiti anteriormente alla integrazione.
Se intende chiamare un terzo in causa, deve farne dichiarazione nella stessa comparsa e provvedere ai sensi dell’articolo 269.
Cassazione civile, sez. unite, 3 giugno 2015, n. 11377