Le Sezioni Unite hanno completato l’interpretazione dell’art. 303 comma 1 lett. c) e d) c.p.p. fornendo ulteriori criteri interpretativi ai fini del computo dei termini di fase (dalla pronuncia della condanna in primo grado ed in grado d’appello) della custodia cautelare per le ipotesi di pluralità di reati, così chiarendo se debba farsi riferimento alla pena complessivamente inflitta od alle pene previste per i singoli reati.
Sul punto la S.C., a sezioni unite, si era già espressa con la nota sentenza “Mammoliti” (Cass. Pen. sez. un., n. 1/1997) senza tuttavia risolvere in maniera definitiva la questione in quanto detta sentenza attiene alle sole ipotesi in cui, malgrado l’imputazione riguardi una pluralità di reati, la custodia cautelare è ancora in essere solo per alcuni di essi.
Si trattava quindi di stabilire il criterio di determinazione della durata della custodia cautelare ancorché, come nel caso di specie, la stessa fosse ancora in corso per ciascuno dei singoli reati per cui è intervenuta la condanna.
Nella sentenza Mammoliti la conclusione è stata nel senso di aver conto, ai fini del computo della durata massima della custodia cautelare, della pena relativa ai soli reati per i quali la misura fosse ancora in essere e non alla pena inflitte per l’intero reato continuato.
A tale conclusione si giunse avendo a mente il principio costituzionale dell’inviolabilità della libertà personale di cui all’art. 13 della Cost. che, al secondo comma, dispone: “non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”.
Si ritenne pertanto in contrasto con la norma costituzionale far riferimento, ai fini del computo dei termini di cui all’art. 303 c.p.p., a quella parte della pena inflitta per i reati per i quali non vi fosse, allo stato attuale, un provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria legittimante la privazione della libertà.
Nella sentenza in commento la S.C., come sopra accennato, affronta l’ipotesi di condanna unica per più delitti, per ciascuno dei quali è ancora in corso la misura cautelare.
Partendo dai medesimi presupposti della sentenza n. 1 del 1997 vengono meno le preoccupazioni di adeguamento all’art. 13 Cost giacché sussiste titolo legittimante per ciascuno dei reati per i quali è stata pronunziata la condanna.
La Corte si affida quindi ad un’interpretazione dell’art. 303 del codice di procedura combinata con il successivo art. 533, 2 comma (“Se la condanna riguarda più reati, il giudice stabilisce la pena per ciascuno di essi e quindi determina la pena che deve essere applicata in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene o sulla continuazione …”) ed avuto conto delle intenzioni del legislatore nella modifica apportata allo stesso art. 303 dal d.l. 292/91 (passaggio dalla commisurazione della durata della misura custodiale rapportata alla pena edittale per ciascun reato alla commisurazione della stessa in misura proporzionale alla pena effettivamente irrogata).
Vengono quindi dedotti i seguenti principi:
a) I termini di fase devono essere adeguati all’effettiva gravità del fatto ed alla pericolosità dell’imputato, finalità evidentemente frustrata se, invece di aver riguardo alla condanna concretamente inflitta ai sensi del 2 comma dell’art. 533 c.p.p. si dovesse procedere alla presa in esame separata delle pene stabilite per ciascuno dei reati per cui l’imputato è stato condannato.
b) la determinazione dei termini di fase in ragione della pena complessiva inflitta risponde allo scopo di rendere proporzionale la durata della privazione della libertà alla laboriosità dell’attività processuale svolta e da svolgersi. Un’attività che richiede impegno diverso a seconda che nell’imputazione venga dedotto uno solo o una molteplicità di episodi criminosi, con la conseguente irragionevolezza di scindere in quest’ultimo caso le singole componenti della pena complessiva come se si trattasse di tanti separati processi.
Conseguentemente le sezioni unite hanno affermato che «[…] per i reati unificati nel vincolo della continuazione, ai fini dell’individuazione del termine di fase di durata della custodia cautelare ex art. 303 comma 1 lettera c) e d) c.p.p., deve farsi riferimento alla pena complessiva inflitta per tutti i reati per i quali è in corso la misura della custodia cautelare».
Cassazione penale, sez. unite, 14 giugno 2007, n. 23381