Integra la fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 733 cod. pen. (“danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale”) e non il delitto di danneggiamento aggravato, la condotta di danneggiamento di beni di valore archeologico che siano in proprietà del soggetto agente.
La responsabilità per il reato di che trattasi non può essere limitata ai soli soggetti fisici identificabili nei privati proprietari, ma può riguardare anche i legali rappresentanti delle persone giuridiche. La norma, tuttavia, siccome formulata come limite di interesse pubblico alla proprietà privata, non trova applicazione nel caso di danneggiamento al patrimonio storico artistico di proprietà pubblica, in particolare di un ente territoriale.
Tra i requisiti del reato di cui all’art. 733 c.p. vi è quello della derivazione, dalla condotta posta in essere, di un danno al patrimonio archeologico nazionale, atteso che il nocumento costituisce una condizione obiettiva di punibilità, nonché la consapevolezza, da parte dell’agente proprietario della cosa danneggiata, del rilevante pregio del bene, anche se in assenza della formale imposizione del vincolo archeologico.
Va peraltro precisato che rispetto al reato contravvenzionale già previsto dagli art. 11 comma 1 e 59 della legge 1 giugno 1939 n. 1089 – che è reato di condotta e di pericolo e che consiste nel demolire, rimuovere, modificare o restaurare le cose di interesse artistico senza l’autorizzazione del ministero competente senza che sia richiesta la lesione in concreto del patrimonio artistico – il reato previsto dall’art. 733 c.p. è reato di evento di danno e punisce il deterioramento o danneggiamento di monumenti o di altre cose di pregio rilevante quando da ciò derivi un nocumento al patrimonio artistico nazionale.
Cassazione penale, sez. III, 8 aprile 2013, n. 15992