La Terza Sezione della Corte di cassazione ha affermato che è legittima l’imposizione da parte del Questore di un provvedimento di DASPO amministrativo, con relative prescrizioni, anche nel caso in cui gli atti di violenza siano stati realizzati non durante l’effettivo svolgimento della manifestazione sportiva, bensì in un momento diverso e non contestuale, a condizione che tali atti siano in rapporto di immediato ed univoco nesso eziologico con essa.
Nel caso di specie, si trattava di un’aggressione, nei confronti di giocatori ed allenatore di una squadra di calcio, da parte di un gruppo di propri tifosi all’interno dell’impianto sportivo di riferimento, per contestarne il rendimento.
Ritiene il Collegio che «l’espressione “in occasione o a causa di manifestazioni sportive” non debba essere inteso nel senso che gli atti di violenza o comunque le restanti condotte che possano giustificare la adozione dei provvedimenti di cui all’art. 6 della legge n. 401 del 1989 debbano essersi verificati durante lo svolgimento della manifestazione sportiva ma nel senso che con essa abbiano un immediato nesso eziologico, ancorché non di contemporaneità.
La ratio della disposizione in questione è, infatti, quella di prevenire fenomeni di violenza, tali da mettere a repentaglio l’ordine e la sicurezza pubblica, laddove questi siano connessi non con la pratica sportiva ma con l’insorgenza di quegli incontrollabili stati emotivi e passionali che, tanto più ove ci si trovi di fronte ad una moltitudine di persone, spesso covano e si nutrono della appartenenza a frange di tifoserie organizzate, perlopiù, ma non esclusivamente, operanti nell’ambito del gioco del calcio.
Si tratta di fenomeni per i quali fungono da catalizzatore, spesso con improvvise a incontrollabili interazioni, sìa l’andamento agonistico più o meno soddisfacente della compagine per la quale si parteggia ovvero le modalità con cui l’apparato amministrativo ed organizzativo di questa intende condurre
il rapporto con la propria tifoseria sia l’eventuale confronto, in una logica elementare in cui la appartenenza ad un gruppo comporta la ostilità verso altri gruppi, immediatamente intesi come possibili assalitori, con una tifoseria avversa.
È, pertanto, evidente che un’eventuale limitazione della portata della norma ora in questione che ne confinasse l’applicazione alla sola durata della manifestazione sportiva, ridurrebbe di molto la efficacia dissuasiva della medesima, posto che renderebbe inapplicabile la relativa disciplina ogniqualvolta gli eventi, pur determinati da una mal governata passione sportiva e dalla distorsione del ruolo del tifoso, si realizzino in un momento diverso dal verificarsi del fattore che li ha scatenati».
Massima tratta da: Estratto della sentenza
Cassazione penale, sez. III, 16 gennaio 2016, n. 1767