Nella sanità pubblica, chi svolga funzioni primariali trovandosi in posizione funzionale intermedia acquista il diritto al riconoscimento del trattamento economico corrispondente alle mansioni superiori, secondo la prevalente giurisprudenza, anche indipendentemente da ogni atto organizzativo da parte dell’Amministrazione, poiché non è raffigurabile il caso di una struttura sanitaria che resti priva dell’organo di vertice responsabile dell’attività esercitata nel suo ambito. Ai sensi dell’art. 121 7° co. DPR 28.11.1990 n. 384, l’incarico di mansioni superiori comporta il corrispondente compenso, eccetto che per i primi sessanta giorni, per un periodo fino a sei mesi (cfr. fra le altre CS V, 12.4.2005, n. 1640).
A proposito della fattispecie in sentenza, il Consiglio di Stato ha precisato che l’eventuale superamento del termine semestrale, come fatto riconducibile ad obblighi imposti alla PA e da questa non osservati, non fa venir meno il diritto alla retribuzione superiore, sempre in dipendenza dell’obbligo di prestazione gravante sul medico, non rilevando neppure se le funzioni primariali in forza delle quali si richiedono i conguagli retributivi siano o meno state esercitate in modo prevalente.
Nel caso in esame, è stata ritenuta peraltro ininfluente la circostanza per la quale nell’atto di incarico era stata espressamente esclusa la corresponsione delle differenze retributive, rilevando il Consiglio di Stato come il diritto al superiore trattamento economico sia, nella specie, un diritto soggettivo scaturente dalla legge, il cui riconoscimento non necessita neanche di un formale atto di conferimento e che, quindi, è sottratto al potere autoritativo dell’Amministrazione.