La Corte Costituzionale, riunendo diversi giudizi, uno di quali promosso dalla Corte di Cassazione sez. I, ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale dell’art. 235, primo comma, numero 3, del codice civile, nella parte in cui, ai fini dell’azione di disconoscimento della paternità, subordina l’esame delle prove tecniche, da cui risulta “che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre”, alla previa dimostrazione dell’adulterio della moglie».
In particolare «La Corte di Cassazione, I sezione civile, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 235, primo comma, numero 3, del codice civile, nella parte in cui, ai fini del disconoscimento della paternità, ammette il marito a provare che il figlio presenta caratteristiche genetiche o del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre solo dopo aver provato che nel periodo del concepimento la moglie ha commesso adulterio. Secondo il giudice rimettente, la norma si pone in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, per la irragionevolezza della previsione, in presenza di un progresso scientifico che consente di ottenere direttamente – e quindi senza passare attraverso la dimostrazione dell’adulterio – una sicura prova della esclusione della paternità; nonché con l’art. 24, secondo comma, della Costituzione, per contrasto con il diritto di difesa, il quale non può compiutamente realizzarsi se non viene reso possibile l’accertamento dei fatti sui quali si fondano le ragioni sottoposte al giudice e se non viene consentito di fornire la prova dei fatti stessi».
Corte Costituzionale, 6 luglio 2006, n. 266