Il divieto di spedire e ricevere riviste e libri imposto ai detenuti sottoposti al regime del carcere duro ex art. 41-bis L. 354/1975 non è incostituzionale. Libri e riviste possono essere acquisiti tramite canali sicuri al fine di evitare la trasmissione di messaggi criptati.
Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale – sollevate in riferimento agli artt. 15, 21, 33, 34 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 3 e 8 Cedu – dell’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. a) e c), della l. 26 luglio 1975, n. 354 («Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà»), nella parte in cui – secondo il “diritto vivente” – consente all’amministrazione penitenziaria di adottare, tra le misure di elevata sicurezza interna ed esterna volte a prevenire contatti del detenuto in regime differenziato con l’organizzazione criminale di appartenenza o di attuale riferimento, il divieto di ricevere dall’esterno e di spedire all’esterno libri e riviste a stampa.
Le misure adottate dall’amministrazione penitenziaria si giustificano in ragione del fatto che è stato riscontrato che libri, giornali e stampa in genere sono molto spesso usati dai ristretti quali veicoli per comunicare illecitamente con l’esterno, ricevendo o inviando messaggi in codice.
Tale fenomeno è suscettibile di vanificare la funzione di base del regime carcerario speciale (Corte di cassazione, sezione prima penale, 16 ottobre 2014-17 febbraio 2015, n. 6889; Corte di cassazione, sezione prima penale, 27 settembre-18 ottobre 2013, n. 42902).
Inoltre le prescrizioni ministeriali non pregiudicano in modo significativo il diritto del detenuto ad informarsi e a studiare attraverso la lettura di testi: esse non prevedono, infatti, alcuna limitazione alla loro ricezione, ma ne regolerebbero soltanto le modalità. Ferma restando la libertà di scelta dei libri e delle riviste da parte dei detenuti, si richiedere che essi vengano acquisiti tramite “canali sicuri” al fine di impedire una loro utilizzazione in funzione elusiva delle restrizioni connesse al regime speciale: in particolare, per effettuare scambi di messaggi criptati non facilmente individuabili dal personale addetto al visto di censura.
È stato altresì ritenuto che deve escludersi che il divieto di scambiare libri e riviste con l’esterno, e con i familiari in specie, tramite il servizio postale possa essere assimilato alla sottoposizione della corrispondenza del detenuto a visto di controllo, la cui disciplina nazionale – nell’assetto anteriore alla legge n. 95 del 2004 – è stata ripetutamente censurata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
La limitazione dei canali di ricezione della stampa e il divieto di trasmetterla all’esterno non solo non incidono affatto – come è ovvio – sulla segretezza della corrispondenza del detenuto (diversamente dal visto di controllo), ma neppure comprimono, alla luce delle considerazioni in precedenza svolte, la libertà di corrispondere a mezzo posta già riconosciutagli dalla legge nazionale in coerenza con la condizione di legittima restrizione della libertà personale in cui il soggetto versa. La libertà di corrispondere a mezzo posta continua infatti a potersi esplicare, in tutta la sua ampiezza, tramite l’ordinaria corrispondenza epistolare. È a mezzo di questa che il detenuto può continuare ad intrattenere le sue relazioni affettive con i familiari.