Secondo il prevalente e consolidato orientamento della giurisprudenza tradizionale (v. Cass. 15107\2013; 5249\2006; 2061\2004; 19145\2004), «… qualora l’appellato miri all’accoglimento della propria domanda nei confronti del chiamato in garanzia , per l’ipotesi in cui venga accolta la domanda principale proposta nei suoi confronti dall’attore rimasto soccombente in primo grado, non è sufficiente la riproposizione, ex art. 346 cod. proc. civ., della domanda non esaminata o respinta dal primo giudice, ma deve essere proposto appello incidentale condizionato, poiché la richiesta dell’appellato non mira alla conferma della sentenza per ragioni diverse da quelle poste a fondamento della decisione, ma tende alla riforma della pronuncia concernente un rapporto diverso, non dedotto in giudizio con l’appello principale».
Sempre a tale riguardo, secondo quanto stabilito dalla Suprema Corte in sent. n. 12005/2004, va rilevato che nell’ipotesi di chiamata in causa del terzo a titolo di garanzia, la parte vittoriosa nei confronti dell’attore nel giudizio di primo grado, ha l’onere di esperire appello incidentale per riproporre contro i terzi, da lui chiamati nel processo, la sua pretesa, per l’ipotesi di eventuale riforma in suo danno della sentenza impugnata nei rapporti con l’attore/appellante.
Il principio di diritto è risalente nel tempo giacché la Corte del 2004 rimanda a pronunce degli anni ‘70 (sentenza n. 2792 del 1971 e sent. n. 2760 del 1970) ed ancora successivamente ribadito dalla Cassazione civile in sentenza n. 6633 del 1987.
Ma quale è la ratio di tale principio di diritto? La risposta è tutta racchiusa nel noto brocardo latino “tantum devolutum quantum appellatum” ovvero è diretta conseguenza dell’effetto devolutivo della proposizione dell’appello, effetto che tuttavia è potenziale e non automatico dovendo, il giudice di secondo grado, esaminare solo le questioni che le parti hanno devoluto e non altro. Come potrebbe dunque il giudice d’appello pronunziarsi sulla domanda di garanzia se l’appellato non l’ha fatta oggetto d’impugnazione incidentale?
Ad ulteriore chiarificazione sono di aiuto le parole della Cassazione tratte dalla parte motiva della citata sentenza n. 6633 del 31 luglio 1987.
«…il principio secondo cui la parte vittoriosa, anche se non ha proposto appello incidentale, può richiamare in appello le domande e le eccezioni non accolte in primo grado (perché rigettate, pretermesse o assorbite) èapplicabile limitatamente a quelle domande ed eccezioni con le quali l’appellato tenda a mantenere ferma la decisione a lui favorevole, laddove nella ipotesi di chiamata in garanzia che implica un’azione di regresso, alla quale l’attore principale resta estraneo, la domanda del garantito diretta alla condanna del garante, ha per presupposto la soccombenza del garantito rispetto alla causa principale e, quindi, la riproposizione di essa, non tenendo a mantenere ferma la sentenza impugnata, ma anzi presupponendone la riforma, non è ammissibile se non nella forma della impugnazione incidentale (cfr. sent. 9 ottobre 1971 n. 2792; 12 maggio 1970 n. 2760).».
Cassazione civile, sez. III, 17 giugno 2013, n. 15107