Nella giurisprudenza della Corte di Cassazione si registra un lungo contrasto giurisprudenziale in merito agli effetti della domanda di costituzione coattiva della servitù di passaggio non proposta nei confronti di tutti i proprietari dei fondi che impediscono il collegamento del fondo intercluso alla pubblica via.
In particolare, un primo e maggioritario orientamento riteneva che «la costituzione della servitù di passaggio coattivo non è impedita dal fatto che il passaggio debba avvenire anche su fondi di altri proprietari, non presenti in giudizio, ben potendo l’attore provvedere nei loro confronti con domande separate e con accordi distinti, anteriori o successivi alla pretesa in giudizio» (Cass. Civ. sent. n. 1500/1962; n. 1582/1963; n. 2671/1964; n. 1182/1966; n. 2825/1969).
Tale considerazione determinava quindi per il proprietario del fondo intercluso la possibilità di proporre la domanda senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dei proprietari degli altri fondi sui quali avrebbe dovuto ugualmente realizzarsi il passaggio.
Diversamente, secondo altro indirizzo minoritario, composto da solo due decisioni di legittimità (Cass. Civ. sent. n. 4515/1980; sent. n. 2205/1984), «la domanda diretta alla costituzione di servitù di passaggio coattivo, per il caso in cui la situazione di interclusione non sia ovviabile mediante il transito su un solo fondo frapponentesi con la strada pubblica (vi siano o meno altri fondi contigui idonei al medesimo fine), ma richieda invece l’attraversamento di una pluralità di fondi, ubicati in consecuzione, deve essere proposta nei confronti di tutti i proprietari di detti ultimi fondi, in qualità di litisconsorzi necessari, tenuto conto che la sentenza emessa nei confronti soltanto di uno di essi non produrrebbe alcun risultato pratico e non sarebbe suscettibile di esecuzione».
In considerazione della diversità di soluzioni offerte dalla giurisprudenza del tempo, la questione veniva sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite le quali, aderendo all’orientamento minoritario, affermavano che «l’azione per la costituzione della servitù di passaggio in favore del fondo intercluso (art. 1051 cod. civ.) deve essere promossa, nel caso in cui si frappongano più fondi rispetto all’accesso alla via pubblica, nei confronti di tutti i proprietari di tali altri fondi, in qualità di litisconsorti necessari, perché attiene a un rapporto unico e inscindibile, alla stregua dell’idoneità di una pronuncia, che accolga domanda proposta contro od alcuni soltanto di detti proprietari, al soddisfacimento dell’utilità per cui l’azione medesima è contemplata» (Cass. Civ., sez. Unite, 3 febbraio 1989, n. 670 e n. 671).
Negli anni seguenti la suddetta decisione la giurisprudenza di legittimità troppo spesso si discostava dal principio di diritto elaborato dalle Sezioni Unite per conformarsi al precedente orientamento maggioritario.
Il non sopito contrasto di giurisprudenza in merito alla questione dei destinatari della domanda di costituzione coattiva della servitù di passaggio viene di nuovo devoluto alle Sezioni Unite al fine di offrire una soluzione uniforme al problema e un punto di riferimento concreto per l’interprete del diritto.
Con la sentenza in epigrafe la Corte in funzione nomofilattica ribadisce l’impostazione già delineata dalle Sezioni Unite nel 1989, richiedendo al proprietario del fondo intercluso di dispiegare contestualmente la domanda nei confronti di tutti i proprietari dei fondi che sia necessario attraversare per il collegamento con la strada pubblica.
Diversamente, ad avviso della Corte, ove «la servitù fosse costituita per un tratto soltanto del percorso occorrente, in attesa di una sua futura, solo eventuale e ipotetica integrazione giudiziale o convenzionale», l’oggetto del diritto riconosciuto dall’art. 1051 cod. civ. al proprietario del fondo intercluso, ovvero l’accesso alla pubblica via, risulterebbe frammentato e dunque privo di utilità pratica o di concreta applicazione. Infatti, precisano i giudici di legittimità, la carenza della domanda sotto tale profilo rileva non in riferimento al profilo soggettivo dell’integrità del contraddittorio, atteso che non vi sono litisconsorti necessari pretermessi, «poiché l’azione, come in concreto esercitata, non li riguarda», ma in relazione al profilo oggettivo dell’integrità del petitum che, in tale ipotesi, difetterebbe di quella «condizione essenziale dell’azione che consiste nella possibilità giuridica – ossia nella pur sola astratta corrispondenza della pretesa accampata in giudizio a una norma che le dia fondamento».
Ne consegue che ove la domanda non sia proposta nei confronti di tutti i proprietari dei fondi da attraversare per ottenere l’accesso alla pubblica via, la stessa dovrà essere dichiarata inammissibile in quanto diretta a far valere un diritto inesistente, senza possibilità di integrare il contraddittorio.
Cassazione civile, sez. unite, 22 aprile 2013, n. 9685