Decidendo su un caso di esclusione dal regime di comunione legale dei beni di un appartamento acquistato da un coniuge con denaro messo a disposizione dal proprio padre, la Suprema Corte ha ribadito che “per la donazione indiretta non è richiesta la forma prevista dalla legge per la donazione, essendo sufficiente l’osservanza delle forme previste per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità, dato che l’art. 809 cod. civ., nel prevedere le norme sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall’art. 769 cod. civ. non richiama l’art. 782 cod. civ. che prescrive l’atto pubblico per la donazione”. Siffatta considerazione conduce ad annoverare nelle ipotesi di esclusione dal regime di comunione legale dei beni di cui all’art. 179, comma 1, lett. b) i beni frutto di donazione indiretta, purché sia accertata, anche tramite prove o presunzioni, la sussistenza del fine di liberalità e la sua realizzazione da parte del donante. Né osta ai fini dell’accoglimento della domanda di esclusione del bene dalla comunione legale l’assenza della prova scritta della dazione di denaro da parte del donante e del collegamento funzionale di essa all’acquisto del bene donato, in quanto “oggetto di prova non è un contratto bensì un comportamento ed il suo fine, per cui è incoferente il richiamo all’art. 1350 cod. civ. che disciplina la forma dei contratti”.
Cassazione civile, sez. I, 5 giugno 2013, n. 14197