Nel giudizio penale è la conoscenza dello status di indagato e non l’assunzione dello stato di imputato a far decorrere i termini per il calcolo della equa durata del ex Legge Pinto.
É stata dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2-bis, della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’articolo 375 del codice di procedura civile), nella parte in cui prevede che il processo penale si considera iniziato con l’assunzione della qualità di imputato, ovvero quando l’indagato ha avuto legale conoscenza della chiusura delle indagini preliminari, anziché quando l’indagato, in seguito a un atto dell’autorità giudiziaria, ha avuto conoscenza del procedimento penale a suo carico.
Secondo la Consula va retrodatato l’inizio del calcolo per l’equa riparazione dovendosi considerare il momento in cui l’indagato ha avuto conoscenza del procedimento penale a suo carico quale momento da cui determinare la durata del processo.
L’art. 6 della CEDU, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, impone di calcolare, ai fini dell’osservanza dei termini di ragionevole durata del processo penale, non soltanto la fase che la normativa nazionale qualifica processo, ma anche le attività procedimentali che la precedono ovvero la fase delle indagini preliminari, ove idonee a determinare il danno al cui ristoro è preposta l’azione.