Cassazione penale, sez. unite, 23 settembre 2014, n. 20661
Il termine di durata del giusto processo inizia a decorrere per gli eredi della parte deceduta costituitasi parte civile nel giudizio penale nel momento in cui gli stessi hanno avuto conoscenza del processo. In mancanza di prova di tale circostanza il termine di durata decorre dalla data del loro intervento in giudizio.
A tale principio di diritto la Suprema Corte è pervenuta sulla scorta della considerazione che nel processo penale la costituzione di parte civile resta valida “ex tunc” e gli eredi del defunto titolare del diritto possono pertanto intervenire nel processo senza effettuare una nuova costituzione, ma semplicemente spendendo e dimostrando la loro qualità di eredi.
Ciò tuttavia non sta necessariamente a significare che i presupposti per l’inizio del termine di eccessiva durata del processo per gli eredi decorrano automaticamente dalla data del decesso del loro dante causa e quindi del loro subentro nella qualità di parti civili. Costituisce principio basilare in tema di equa riparazione per l’eccessiva durata dei processi che il momento a partire dal quale si verifica il patema e lo stato di sofferenza psicologica per la parte deve individuarsi, ai sensi dell’art 2,comma 2 bis della legge 89/01, nel momento in cui questa ha avuto conoscenza del processo.(ex plurimis Cass 13803/11).
La giurisprudenza della Corte ha infatti costantemente affermato in relazione ai processi civili che , il “dies a quo” in relazione al quale valutare la durata del processo deve essere normalmente individuato, con riguardo ai processi introdotti con atto di citazione, nel momento della notifica di tale atto, con la quale il-processo stesso inizia, ( Cass 6323/11; Cass 7389/05). Analogo principio è stato riconosciuto anche riguardo ai processi penali.
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Cassazione penale, sez. unite, 23 settembre 2014, n. 20661