La mancanza di una mano non è una malformazione del nascituro così rilevante da mettere in serio pericolo la salute fisica e psichica della madre e non giustifica l’ interruzione volontaria della gravidanza oltre il novantesimo giorno.
Ne consegue che non è possibile ottenere il risarcimento del danno da parte dei medici per non aver rilevato l’assenza dell’arto con l’ecografia morfologica, comunque effettuata dopo il novantesimo giorno dall’inizio della gravidanza.
A tal proposito la Cassazione ribadisce i principi dettati in materia ed in particolare che il nostro ordinamento non ammette il c.d. “aborto eugenetico”, prescindente cioè dal “serio” o dal “grave pericolo” per la “vita” o la “salute fisica o psichica” della donna (v. Cass., Sez. Un., 22/12/2015, n. 25767; Cass., 29/7/2004, n. 14488; Cass. 14/7/2006, n. 16123; Cass., 11/5/2009, n. 10741. E già Cass., 22/11/1993, n. 11503), atteso che alla base della Legge n. 194 del 1978, art. 1 risulta posto il principio in base al quale lo Stato “tutela la vita umana dal suo inizio”, con l’ulteriore precisazione che l’interruzione della gravidanza “non è mezzo per il controllo delle nascite” (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 22/12/2015, n. 25767).
Ne deriva che, mentre entro i primi novanta giorni l’interruzione della gravidanza può essere ammessa quando, anche in ragione di “previsioni di anomalie o malformazioni del concepito”, la prosecuzione della gravidanza o il parto comportino un “serio pericolo” per la “salute fisica o psichica” della gestante (L. n. 194 del 1978, art. 4), dopo i primi novanta giorni l’aborto può essere eccezionalmente consentito solo quando a) la gravidanza o il parto comportino un “grave pericolo” per la “vita della donna” ovvero b) siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un “grave pericolo” per la “salute fisica o psichica della donna”.
Ciò in quanto l’interruzione volontaria della gravidanza è finalizzata solo ad evitare un pericolo per la salute della gestante, serio (entro i primi 90 giorni di gravidanza) o grave (successivamente); le eventuali malformazioni o anomalie del feto rilevano solo nei termini in cui possano cagionare il danno alla salute della gestante medesima, e non in sè e per sè considerate con riferimento al nascituro (così Cass., 29/7/2004, n. 14488). L’accresciuta pericolosità per la vita o per la salute psico-fisica della donna evidenzia una maggiore attenzione riservata dal legislatore al concepito, man mano che il suo sviluppo progredisce.
Nel caso di specie, la mancanza di una mano non è stata considerata anomalia “rilevante” per la legge e l’handicap con il quale portato dal bambino non idoneo ad incidere sulla vita e sulla salute della madre.
Art. 4 – Legge n. 194/1978
Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell’articolo 2, lettera a) , della legge 29 luglio 1975 numero 405, o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia.
Art. 6– Legge n. 194/1978
L’interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata:
a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.