«…Il quadro di garanzie che le norme deontologiche mirano ad assicurare è quello dell’apprestamento della difesa nell’ambito del mandato defensionale e che fuoriesce dalla esatta e doverosa prospettiva sanzionatola quell’atto che – per la assoluta episodicità – non sia riconducibile ad un contegno abdicativo del difensore ma ad una scelta individuale di un singolo comportamento.
La riconduzione del comportamento “omissivo” del difensore di fiducia è dunque frutto di interpretazione, affidata al giudice del merito, alla luce delle norme del codice di rito penale (artt. 105 e 108 del c.p.p.) che ne costituiscono la trama obbligata. In tal senso è stato affermato che la sola assenza ad una udienza del difensore di fiducia non può interpretarsi come sintomo di un atto abdicativo espresso o di revoca dell’incarico, né tampoco di un comportamento di “abbandono” ai fini della concessione al difensore di ufficio del termine a difesa di cui all’art. 108 c.p.p. (Cass. sez V, n. 21889 del 2010).
E nello stesso senso è stato ripetutamente affermato che l’ipotesi di abbandono di cui all’art. 105 c.p.p., ipotesi che espressamente radica il potere sanzionatorio dei COA, non è desumibile dal solo comportamento processuale del difensore di fiducia (anche nella ipotesi di mancata comparizione all’interrogatorio di garanzia) stante l’equivocità di un dato di mera astensione e la sua riconducibilità ad una diversa, alternativa ed insindacabile, strategia processuale (tra le tante, Cass. VI, n. 3968 del 1995 e n. 6660 dei 1997, n. 1346 del 1997 e n. 9478 dei 1998)».
Cassazione civile, sez. unite, 13 giugno 2011, n. 12903