Cassazione penale, sez. V, 16 giugno 2014, n. 25785
Impedire il passaggio altrui con la propria auto integra il reato di violenza privata. Il requisito della violenza, ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 610 c.p., si identifica – per giurisprudenza pacifica (v. Cass., sez. 5, 29 gennaio 2004, n. 3403; Sez. 5, 22 gennaio 2010, n. 11907) – con qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente della libertà di determinazione e di azione l’offeso, il quale sia, pertanto, costretto a fare, tollerare o omettere qualcosa contro la propria volontà, per cui integra il reato di violenza privata il parcheggio di un’autovettura eseguito intenzionalmente in modo tale da impedire a un’altra automobile di spostarsi per accedere alla pubblica via e accompagnato dal rifiuto reiterato alla richiesta della persona offesa di liberare l’accesso (v. Cass., Sez. 5, 20 aprile 2006, n. 16571; Sez. 5, 12 gennaio 2012, n. 603).
Nella specie la condotta integrante reato è stata ravvisata nel fatto che l’imputato ha parcheggiato il proprio fuoristrada carico di materiale su una stradella in modo da impedire l’accesso carraio della persona offesa al proprio fondo, persona con cui si trovava in risalenti dissapori.
Art. 610 cod. pen. – Violenza privata
Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni.
La pena è aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall’articolo 339.
Cassazione penale, sez. V, 16 giugno 2014, n. 25785