Inbox advertising: limiti alla pubblicazione di annunci pubblicitari nella casella di posta in forma simile a quella di un vero e proprio messaggio email
Con inbox advertising si intende la visualizzazione nella casella di posta elettronica in arrivo di messaggi pubblicitari in una forma simile a quella di un vero e proprio messaggio di posta elettronica.
Tali messaggi presentano un rischio di confusione che può indurre l’utente che clicchi sulla stringa corrispondente al messaggio pubblicitario ad essere reindirizzato, contro la sua volontà, al sito Internet a cui si riferisce la pubblicità.
Si tratta di una pratica che costituisce un uso della posta elettronica a fini di commercializzazione diretta ai sensi della direttiva 2002/58, direttiva che mira a proteggere gli abbonati da interferenze nella loro vita privata mediante comunicazioni indesiderate a scopo di commercializzazione diretta, in particolare mediante dispositivi automatici di chiamata, telefax o posta elettronica, compresi i messaggi SMS. Obiettivo che deve essere garantito indipendentemente dalle tecnologie utilizzate, ragion per cui occorre accogliere una concezione ampia ed evolutiva da un punto di vista tecnologico del tipo di comunicazioni contemplate da tale direttiva.
Secondo la Corte di Giustizia UE l’art. 13, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche, deve essere interpretato nel senso che costituisce un “uso (...) della posta elettronica a fini di commercializzazione diretta”, ai sensi della menzionata disposizione, la visualizzazione nella casella di posta in arrivo dell’utente di un servizio di posta elettronica di messaggi pubblicitari in una forma simile a quella di un vero e proprio messaggio di posta elettronica e nella stessa collocazione di quest’ultimo.
Non rileva la determinazione aleatoria dei destinatari di siffatti messaggi bensì solamente l’esistenza di una comunicazione a finalità commerciale che raggiunge direttamente e individualmente uno o più utenti di servizi di posta elettronica. Tale uso deve ritenersi autorizzato soltanto a condizione che l’utente sia stato informato in modo chiaro e preciso delle modalità di diffusione di una simile pubblicità, segnatamente all’interno dell’elenco dei messaggi di posta elettronica privati ricevuti, e abbia espresso il proprio consenso a ricevere siffatti messaggi pubblicitari in maniera specifica e con piena cognizione di causa.
Infine, la Corte considera che una pratica consistente nella visualizzazione di messaggi pubblicitari nella casella di posta in arrivo dell’utente di un servizio di posta elettronica, in una forma simile a quella di un vero e proprio messaggio di posta elettronica, rientra nella nozione di «ripetute e sgradite sollecitazioni commerciali» di cui alla direttiva 2005/29 se, da un lato, la visualizzazione di tali messaggi pubblicitari è avvenuta con frequenza e regolarità sufficienti per poter essere qualificata come sollecitazioni commerciali «ripetute» e se, dall’altro, può essere qualificata come sollecitazioni commerciali «sgradite» in mancanza di un consenso fornito preliminarmente dall’utente di cui trattasi.
Corte di Giustizia UE, 25 novembre 2021, C. 102/20