Cassazione civile, sez. I, 11 luglio 2013, n. 17207
É principio espresso nel precedente della Suprema Corte rappresentato dalla sentenza n. 22439/2009 che “Il privilegio generale sui beni mobili del debitore, previsto dall’art. 2751 bis c.c., per le retribuzioni dei professionisti, trova applicazione anche nel caso in cui il creditore sia inserito in un’associazione professionale, costituita con altri professionisti per dividere le spese e gestire congiuntamente i proventi della propria attività, a condizione che il rapporto di prestazione d’opera si instauri tra il singolo professionista ed il cliente, soltanto in tal caso potendosi ritenere che il credito abbia per oggetto prevalente la remunerazione di un’attività lavorativa, ancorchè comprensiva delle spese organizzative essenziali al suo autonomo svolgimento”.
Nell’ambito di una procedura fallimentare “la proposizione della domanda d’ammissione allo stato passivo da parte dello studio professionale, in quanto pone, secondo consolidato orientamento (Cass. n. 18455/2011, n. 11052/2012), una mera presunzione d’esclusione della personalità del rapporto professionale, resta superata e vinta in presenza di documentazione che consente d’individuare i compensi riferiti alle prestazioni direttamente e personalmente svolte dal singolo associato allo studio, e, in simile evenienza, non può precludere ex se il riconoscimento della prelazione a quel singolo personale credito.
La stretta correlazione posta dal disposto dell’art. 2751 bis, n. 2 c. tra il privilegio e la causa del credito consente di valorizzare l’interesse specifico perseguito dal creditore e dunque di orientare l’interpretazione della voluntas legis, estendendone l’applicazione oltre il mero dato letterale, sulla base di un percorso esegetico ritenuto in giurisprudenza ammissibile.
Giova ricordare che in materia di privilegi, seppur in diverso caso, le S.U. con sentenza n. 11930/2010 hanno affermato che “Le norme del codice civile che stabiliscono i privilegi possono essere oggetto di un’interpretazione estensiva che sia diretta ad individuarne il reale significato e la portata effettiva in modo da delimitare il loro esatto ambito di operatività, anche oltre il limite apparentemente segnato dalla formulazione testuale, tenendo in considerazione l’intenzione del legislatore e la causa del credito che, ai sensi dell’ari. 2745 c.c., rappresenta la ragione giustificatrice di qualsiasi privilegio”.
In considerazione di ciò, il privilegio in discorso, pur nel caso in cui il credito sia stato riferito a sé dall’associazione professionale, che è centro autonomo d’imputazione dei rapporti giuridici, va attribuito, alle condizioni riferite, al credito del singolo associato onde consentire alle ragioni del prestatore d’opera la stessa tutela accordata al credito del lavoratore dipendente per soddisfare, come rammenta la dottrina, le esigenze di sostentamento del lavoratore, anche se autonomo, nel rispetto dei principi che garantiscono lo sviluppo della personalità umana – art. 2 – , e della dignità e tutela del lavoro in tutte le sue esplicazioni- artt. 35 e 3.
Cassazione civile, sez. I, 11 luglio 2013, n. 17207