Gli Stati membri possono riservare ai notai la facoltà di autenticare le firme apposte sui documenti necessari per la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, escludendo in tal modo la possibilità di riconoscere in tale Stato membro una siffatta autenticazione effettuata da un avvocato stabilito in un altro Stato membro.
Tale condizione contribuisce a garantire la certezza del diritto in ordine alle transazioni immobiliari e il buon funzionamento del libro fondiario. Inoltre secondo la Corte di Giustizia non sussiste viola zione della direttiva sulla libera prestazione di servizi da parte degli avvocati (Direttiva 77/249/CEE del Consiglio, del 22 marzo 1977), nonché dell’articolo 56 TFUE sulla libera prestazione dei servizi.
Quanto al fatto che tale restrizione possa essere giustificata, la Corte rileva che il libro fondiario, soprattutto in taluni Stati membri in cui esiste un notariato di tipo latino, riveste un’importanza decisiva, soprattutto nelle transazioni immobiliari. In particolare, qualsiasi annotazione in un libro fondiario produce effetti costitutivi, nel senso che il diritto della persona che ha domandato tale annotazione nasce unicamente in forza di quest’ultima. La tenuta del libro fondiario costituisce così una componente fondamentale dell’amministrazione preventiva della giustizia, in quanto mira a garantire una buona applicazione della legge e la certezza del diritto quanto agli atti stipulati tra privati: aspetti, questi, che rientrano tra i compiti e le responsabilità dello Stato.
In questo contesto, le disposizioni nazionali che obblighino a verificare, avvalendosi di professionisti giurati, come i notai, l’esattezza delle annotazioni effettuate in un libro fondiario, contribuiscono a garantire la certezza del diritto quanto alle transazioni immobiliari e il buon funzionamento del libro fondiario e si ricollegano, più in generale, alla tutela della buona amministrazione della giustizia. Orbene, quest’ultima costituisce un motivo imperativo di interesse generale che permette di giustificare una restrizione al principio della libera prestazione dei servizi.
La Corte, infine, considera tale restrizione proporzionata, dal momento che in Austria l’intervento del notaio è rilevante e necessario onde procedere all’annotazione nel libro fondiario. In tale Stato membro, infatti, il notaio non si limita, infatti, a confermare l’identità della persona che appone la sua firma su un documento, ma viene anche a conoscenza del contenuto dell’atto in questione allo scopo di assicurarsi della regolarità della transazione che si intende concludere. Inoltre, il notaio deve anche verificare la capacità della persona interessata a compiere atti giuridici.
Ciò premesso, la circostanza che le attività connesse all’autenticazione degli atti relativi alla costituzione o al trasferimento di diritti reali immobiliari siano riservate a una specifica categoria di professionisti, depositari della fede pubblica, e su cui lo Stato membro interessato esercita un particolare controllo, rappresenta una misura adeguata a conseguire gli obiettivi di buon funzionamento del sistema del libro fondiario e di legalità e certezza del diritto quanto agli atti stipulati tra privati.
La Corte evidenzia, poi, che la certificazione da parte degli avvocati cechi delle firme apposte sugli atti non è assimilabile all’attività di autenticazione espletata dai notai. In effetti, l’atto di certificazione emesso da un avvocato ceco non costituisce un atto autentico nella Repubblica ceca. Di conseguenza, un obbligo in capo alle autorità austriache di riconoscere la certificazione emanata da un avvocato ceco come equipollente ad un’autenticazione proveniente da un notaio equivarrebbe a conferire all’atto di tale avvocato una forza diversa da quella che esso potrebbe dispiegare persino nella Repubblica ceca.
La Corte statuisce, pertanto, che il principio della libera prestazione dei servizi non osta a una normativa nazionale come quella austriaca in causa.
Corte di Giustizia UE, 9 marzo 2017, C. 342-15