Corte costituzionale, 26 maggio 2017, n. 124
È legittima la previsione di un tetto al cumulo tra retribuzioni e pensioni nel settore pubblico mentre non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal TAR Lazio in riferimento a vari parametri dell’art. 23-ter del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), dell’art. 13, comma 1, del d.l. 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale) e dell’art. 1, comma 489, della l. 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014), i quali fissano un tetto alle retribuzioni e al cumulo tra retribuzioni e pensioni nel settore pubblico.
Questi gli argomenti della Consulta «…può corrispondere ad un rilevante interesse pubblico il ricorso a professionalità particolarmente qualificate, che già fruiscono di un trattamento pensionistico. Tuttavia, il carattere limitato delle risorse pubbliche giustifica la necessità di una predeterminazione complessiva – e modellata su un parametro prevedibile e certo – delle risorse che l’amministrazione può corrispondere a titolo di retribuzioni e pensioni.
Tale ratio ispira, del resto, anche le disposizioni dell’art. 5, comma 9, del d.l. n. 95 del 2012, che vietano l’attribuzione di incarichi di studio o di consulenza ai lavoratori pubblici o privati collocati in quiescenza e a tali lavoratori consente di ricoprire incarichi dirigenziali o direttivi o in organi di governo delle amministrazioni solo a titolo gratuito.
Il principio di proporzionalità della retribuzione alla quantità e alla qualità del lavoro svolto deve essere valutato, dunque, in un contesto peculiare, che non consente una considerazione parziale della retribuzione e del trattamento pensionistico.
Inquadrata in queste più ampie coordinate e ancorata a una cifra predeterminata, che corrisponde alla retribuzione del Primo Presidente della Corte di cassazione, la norma censurata attua un contemperamento non irragionevole dei princìpi costituzionali e non sacrifica in maniera indebita il diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto».
Corte costituzionale, 26 maggio 2017, n. 124