Costituisce reato l’applicazione su un prodotto della dicitura “made in italy” o comunque altra similare che attesti espressamente che il prodotto è stato fabbricato in Italia e ciò anche qualora l’imprenditore sia italiano o abbia sede in italia. Parimenti è reato attestare falsamente un luogo di produzione diverso da quello effettivo.
In questi casi la falsa apposizione delle diciture “Made in Italy” o “prodotto in Italia” sarà punita ai sensi della L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 49, mentre la falsa attestazione che il prodotto è stato fabbricato in un altro Paese sarà comunque punita ai sensi dell’art. 517 c.p.. In tali ipotesi non ha rilievo la provenienza da un dato imprenditore che assicura la qualità del prodotto, ma il fatto che la falsa specifica attestazione che il prodotto è stato fabbricato in un determinato Paese di per sé idonea ad ingannare il consumatore e ad incidere suite sue scelte (potrebbe indursi, per i più diversi motivi, ad acquistare o non acquistare un prodotto proprio perché fabbricato o non fabbricato in un determinato luogo).
Ai fini della corretta attestazione del “made in Italy” è necessario che il manufatto sia stato realizzato prevalentemente nel territorio nazionale e in particolare se almeno due delle fasi di lavorazione per ciascun settore sono state eseguite nel territorio medesimo e se per le rimanenti fasi è verificabile la tracciabilità.
Legge n. 350 del 2003 (finanziaria 2004), art. 4, comma 49 bis “costituisce fallace indicazione l’uso del marchio, da parte del titolare o del licenziatario, con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana ai sensi della normativa Europea sull’origine, senza che gli stessi siano accompagnati da indicazioni precise ed evidenti sull’origine o provenienza estera o comunque sufficienti ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull’effettiva origine dei prodotto, ovvero senza essere accompagnati da attestazione, resa da parte del titolare o del licenziatario del marchio, circa le informazioni che, a sua cura, verranno rese in fase di commercializzazione sulla effettiva origine estera del prodotto. Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 ad euro 250.000”.