Cassazione civile, sez. I, 22 giugno 2016, n. 12952
Mantenimento del figlio maggiorenne: la prova dello stato di non autosufficienza deve essere sempre più rigorosa con il passare degli anni.
La cessazione dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti deve essere fondata su un accertamento di fatto che abbia riguardo all’età, all’effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all’impegno rivolto verso la ricerca di un’occupazione lavorativa ed, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta dal raggiungimento della maggiore età da parte dell’avente diritto.
In particolare la condizione di persistente mancanza di autosufficienza economica in una età in cui il percorso formativo dovrebbe già essere concluso e la persona inserita nella società, in assenza di ragioni individuali specifiche (ad es. di salute), costituisce un indicatore forte d’inerzia colpevole. Per tale ragione l’accertamento delle circostanze da cui far derivare la cessazione dell’obbligazione di cui si tratta va effettuata con crescente rigore in rapporto all’età dei beneficiari, in modo da escludere che tale obbligo assistenziale possa essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, al di là dei quali si risolverebbe n forme di parassitismo di ex giovani ai danni dei loro genitori sempre più anziani.
«Per costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità, l’obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli, a norma degli artt. 147 e 148 c.c., non cessa ipso facto con il raggiungimento della maggiore età da parte di questi ultimi (artt. 155 quinquies c.c., applicabile ratione temporis, e art. 337 septies c.c., attualmente vigente), ma il genitore che agisca nei confronti dell’altro per il riconoscimento del diritto al mantenimento in favore dei figli maggiorenni deve allegare il fatto costitutivo della mancanza di indipendenza economica, in quanto condizione legittimante l’azione ed oggetto di un accertamento giudiziale che può essere compiuto, in caso di contestazione, mediante presunzioni desumibili dai fatti che l’attore ha l’onere di introdurre nel processo.
Ciò posto, questa Corte (Cass. n. 18076/2014) ha già avuto modo di chiarire che con analoghe modalità può essere accertato il venir meno del diritto al mantenimento, qualora il figlio, abusando di quel diritto, tenga un comportamento di inerzia o di rifiuto ingiustificato di occasioni di lavoro (ovvero di colpevole negligenza nel compimento del corso di studi intrapreso) e, quindi, di disinteresse nella ricerca dell’indipendenza economica.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il genitore interessato alla declaratoria di cessazione dell’obbligo di mantenimento è tenuto a provare che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un’attività produttiva di reddito (o il mancato compimento del corso di studi) dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato dello stesso, il cui accertamento non può che ispirarsi a criteri di relatività, in quanto necessariamente ancorato alle aspirazioni, al percorso scolastico, universitario e postuniversitario del soggetto ed alla situazione attuale del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale il soggetto abbia indirizzato la propria formazione e la propria specializzazione (tra le tante, Cass. n. 19589/2011, n. 15756/2006).
L’onere della prova ben può essere assolto, anche in tal caso, mediante l’allegazione di circostanze di fatto da cui desumere in via presuntiva l’estinzione dell’obbligazione dedotta. Naturalmente, la valutazione delle circostanze che giustificano la ricorrenza o il permanere dell’obbligo dei genitori al mantenimento dei figli maggiorenni (nella specie conviventi con la madre) va effettuata dal giudice del merito, necessariamente, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescente in rapporto all’età dei beneficiari, in modo da escludere che tale obbligo assistenziale, sul piano giuridico, possa essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, al di là dei quali si risolverebbe – come si è espressa questa Corte – in forme di parassitismo di ex giovani ai danni dei loro genitori sempre più anziani (v. Cass. n. 12477/2004, n. 4108/1993).
Il giudice di merito non può prefissare in astratto un termine finale di persistenza dell’obbligo di mantenimento ed il genitore obbligato è tenuto ad allegare e, ove sia contestato, a dimostrare (anche in via presuntiva) di aver posto il figlio nelle condizioni di raggiungere l’indipendenza economica, sfruttando al meglio le capacità e le competenze acquisite a conclusione del percorso formativo compiuto (ove compiuto) in sintonia con le sue aspirazioni e attitudini.
L’avanzare dell’età non può, tuttavia, essere ininfluente, concorrendo a conformare l’onere della prova gravante sull’obbligato nella forma di una crescente incidenza del ricorso alla prova per presunzioni e alla valutazione critica (prova logica) di condotte stabilmente non più dirette verso il raggiungimento degli obiettivi di competenza professionale o tecnica prescelti al fine di raggiungere un’autonomia reddituale con essi coerente. Con il raggiungimento di un’età nella quale il percorso formativo e di studi, nella normalità dei casi, ampiamente concluso e la persona è da tempo inserita nella società, la condizione di persistente mancanza di autosufficienza economico reddituale, in mancanza di ragioni individuali specifiche (di salute, o dovute ad altre peculiari contingenze personali, od oggettive quali le difficoltà di reperimento o di conservazione di un’occupazione) costituisce un indicatore forte d’inerzia colpevole. La consequenzialità delle condotte perseguite dal raggiungimento della maggiore età costituiscono un altro elemento probatorio rilevante. Ne consegue che gli ostacoli personali al raggiungimento dell’autosufficienza economico reddituale, in una fase di vita da qualificarsi pienamente adulta sotto il profilo anagrafico, devono venire puntualmente allegati e provati, se collocati all’interno di un percorso di vita caratterizzato da mancanza d’iniziativa e d’impegno verso un obiettivo prescelto. Il diritto del figlio si giustifica, infatti, all’interno e nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso formativo, tenendo conto, ex art. 147 c.c., delle sue capacità, inclinazioni ed aspirazioni, posto che la funzione educativa del mantenimento è nozione idonea a circoscrivere la portata dell’obbligo di mantenimento, sia in termini di contenuto, sia di durata, avendo riguardo al tempo occorrente e mediamente necessario per il suo inserimento nella società».
Cassazione civile, sez. I, 22 giugno 2016, n. 12952