«La rottura della promessa di matrimonio formale e solenne – cioè risultante da atto pubblico o scrittura privata , o dalla richiesta delle pubblicazioni matrimoniali (come nel caso di specie, ove il ricorrente ha esercitato il recesso solo due giorni prima della data fissata per la celebrazione delle nozze) – non può considerarsi comportamento lecito,…, allorché avvenga senza giustificato motivo.
È indubbio che tale comportamento non genera l’obbligazione civile di contrarre il matrimonio, ma il recesso senza giustificato motivo configura pur sempre il venir meno alla parola data e all’affidamento creato nel promissario, quindi la violazione di regole di correttezza e di auto responsabilità, che non si possono considerare lecite o giuridicamente irrilevanti.
Poiché , tuttavia, la legge vuol salvaguardare fino all’ultimo la piena ed assoluta libertà di ognuono di contrarre o non contrarre le nozze, l’illecito consistente nel recesso senza giustificato motivo non è assoggettato ai principi generali in tema di responsabilità civile, contrattuale od extra contrattale, né alla piena responsabilità risarcitoria che da tali principi consegue, poiché un tale regime potrebbe tradursi in una forma di pressione sul promittente nel senso dell’accetazione di un legame non voluto. Ma neppur si vuole che il danno subito dal promissorio incolpevole rimanga del tutto irrisarcito.
Il componimento fra le due opposte esigenze ha comportato la previsione a carico del recedente ingiustificato non di una piena responsabilità per danno, ma di una obbligazione ex lege a rimborsare alla controparte quantomeno l’importo delle spese affrontate e delle obbligazioni contratte in vista del matrimonio.
Non sono risarcibili voci di danno diverse da queste e men che mai gli eventuali danni non patrimoniali».
Cassazione civile, sez. VI, 2 gennaio 2012, n. 9