Matrimonio con coniuge straniero: il decesso del coniuge non impedisce di ottenere la cittadinanza se sono maturati i requisiti
La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 5 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 (Nuove norme sulla cittadinanza), nella parte in cui non esclude dal novero delle cause ostative al riconoscimento del diritto di cittadinanza la morte del coniuge del richiedente, sopravvenuta in pendenza dei termini previsti per la conclusione del procedimento di cui al successivo art. 7, comma 1.
Detta norma prevede infatti che all’adozione del decreto di concessione della cittadinanza il matrimonio non sia sciolto od annullato o comunque non sussista la separazione dei coniugi.
Secondo la Consulta, facendo gravare sul coniuge di origine straniera il quale ha maturato il diritto al conseguimento della cittadinanza anche il rischio della morte del coniuge, equivale a porre a carico di chi ha già maturato i presupposti costitutivi del diritto al riconoscimento della cittadinanza un’alea che gli è totalmente estranea, che sfugge alla sua sfera di controllo e che non attiene alle ragioni costitutive del diritto alla cittadinanza.
Lo straniero (o l’apolide) rimasto vedovo ha vissuto nella comunità familiare, costituita in virtù del vincolo matrimoniale con il cittadino italiano, non solo per tutto il tempo richiesto dalla legge per presentare l’istanza di cittadinanza, ma anche per tutto il tempo successivo, sino a che l’evento naturale della morte ha reso impossibile la prosecuzione di tale rapporto.
Non è, dunque, ragionevole negare il riconoscimento della cittadinanza a chi ha presentato, nella qualità di coniuge, la relativa istanza, già supportata dai presupposti costitutivi del diritto, per effetto di un evento naturale (la morte del coniuge) sottratto al suo controllo.
La morte, pur se scioglie il vincolo matrimoniale non può inibire la spettanza di un diritto sostenuto dai relativi presupposti costitutivi.
In definitiva, è irragionevole negare all’istante, che ha presentato la domanda di cittadinanza e ha maturato i relativi presupposti, il riconoscimento della stessa, in ragione di un evento – qual è la morte del coniuge – del tutto indipendente sia dalla sfera di controllo dello stesso istante, sia dalla ratio dell’attribuzione della cittadinanza.
Art. 5 Legge 91/1992
1. Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se residente all’estero, qualora, al momento dell’adozione del decreto di cui all’articolo 7, comma 1, non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi.
2. I termini di cui al comma 1 sono ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi.