Nel nostro ordinamento, per ragioni istituzionali e costituzionali, non è configurabile una pretesa giustiziabile all’avvio delle trattative – preordinate alla conclusione di un’intesa ex art. 8, terzo comma, Cost. – con conseguente sindacabilità, da parte dei giudici comuni, del diniego eventualmente opposto dal Governo, a fronte di una richiesta avanzata da un’associazione che alleghi il proprio carattere religioso.
Vi osta, innanzitutto, il riferimento al metodo della bilateralità, immanente alla ratio del terzo comma dell’art. 8 Cost., che presuppone una concorde volontà delle parti, non solo nel condurre e nel concludere una trattativa, ma anche, prima ancora, nell’iniziarla.
Spetta, dunque, al Consiglio dei ministri valutare l’opportunità di avviare trattative con una determinata associazione, al fine di addivenire, in esito ad esse, alla elaborazione bilaterale di una speciale disciplina dei reciproci rapporti. Di tale decisione – e, in particolare, per quel che in questa sede interessa, della decisione di non avviare le trattative – il Governo può essere chiamato a rispondere politicamente di fronte al Parlamento, ma non in sede giudiziaria.