Consiglio di Stato, sez. VI, 3 giugno 2014, n. 2842
La Sez. VI del Consiglio di Stato ha accolto l’appello proposto dal titolare di una licenza per pubblico esercizio nella pineta di Vindicio di Formia (LT) avverso la sentenza del T.A.R. Lazio – Latina che rigettava il ricorso (proposto dal medesimo titolare) avverso gli atti con cui il Comune di Formia aveva assentito l’ampliamento di un piccolo chiosco-bar all’interno della medesima pineta in favore di un’impresa concorrente.
I giudici di prime cure, in particolare, evidenziavano come il carattere precario del chiosco-bar non fosse idoneo a comportare una modifica dell’assetto del territorio tale da giustificare la richiesta e il rilascio di un idoneo titolo abilitativo.
La questione dirimente posta alla base della controversia concerne, dunque, la natura dell’intervento edilizio in questione: alla luce delle caratteristiche del manufatto, è possibile qualificare il medesimo intervento come “nuova costruzione”, con quanto ne consegue ai fini del rilascio del necessario titolo abilitativo edilizio e, soprattutto, alla luce dei vincoli di inedificabilità presenti nell’area?
Ebbene, al riguardo il Collegio ha ritenuto di richiamare l’orientamento secondo cui i manufatti non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti, vanno considerati come “…idonei ad alterare lo stato dei luoghi, con un sicuro incremento del carico urbanistico, a nulla rilevando la precarietà strutturale del manufatto, la rimovibilità della struttura e l’assenza di opere murarie, posto che il manufatto non precario (es.: gazebo o chiosco) non è deputato ad un suo uso per fini contingenti, ma è destinato ad un utilizzo destinato ad essere reiterato nel tempo in quanto stagionale”.
Non solo: la “precarietà” dell’opera in discussione – che esonererebbe dall’obbligo del possesso del permesso di costruire – postula in realtà, secondo i giudici amministrativi, “un uso specifico e temporalmente limitato del bene e non la sua stagionalità, la quale non esclude la destinazione del manufatto al soddisfacimento di esigenze non eccezionali e contingenti, ma permanenti nel tempo” (in tal senso, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, sentenza 22 dicembre 2007, n. 6615).
In considerazione di quanto sopra argomentato, pertanto, il Collegio ha statuito che:
- in ragione delle sue caratteristiche tipologiche e funzionali, il chiosco-bar in esame è effettivamente riconducibile alle previsioni di cui all’art. 3, comma 1, lettera e.5) del D.P.R. n. 380 del 2001 (c.d. “T.U. Edilizia”) – Sono comunque da considerarsi nuove costruzioni “ . . . (omissis) . . . le installazioni di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere che siano usati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, “e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee”;
- in aderenza ad un già consolidato orientamento giurisprudenziale, non possono essere considerati manufatti destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee “quelli destinati a un’utilizzazione perdurante nel tempo, di talchè l’alterazione del territorio non può essere considerata temporanea, precaria o irrilevante” (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, sentenza 12 febbraio 2011, n. 986).
Non si può ritenere, infine, che la sola “stagionalità” dell’installazione del chiosco-bar in esame sia sinonimo di “temporaneità”, in considerazione sia “del carattere ontologicamente non temporaneo di una struttura destinata all’esercizio di un’attività commerciale e di somministrazione” (in tal senso, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, sentenza 23 luglio 2009, n. 4673), sia della permanente idoneità del chiosco-bar ad alterare lo stato dei luoghi, anche a prescindere dalla rimozione dello stesso per alcuni mesi l’anno.
Consiglio di Stato, sez. VI, 3 giugno 2014, n. 2842