Cassazione penale, sez. I, 5 aprile 2013, n. 20465
In occasione di un sinistro stradale con esito mortale, l’alterazione psicofisica del responsabile dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti non vale a trasformare la colpa cosciente in dolo eventuale.
Recependo insegnamenti di autorevole dottrina, la giurisprudenza di legittimità ha sviluppato nel corso degli anni, e fatto proprio, il criterio dell’accettazione del rischio, secondo il quale il dolo eventuale consiste nell’accettazione del rischio di verificazione dell’evento (non direttamente voluto seppure rappresentato) e non solamente nella situazione di pericolo posta in essere, mentre si ricade nell’ipotesi della colpa cosciente allorquando alla previsione dell’evento si accompagni la mancata accettazione dello stesso.
Il criterio dell’accettazione del rischio, pur se stabilmente utilizzato in giurisprudenza, ha tuttavia subito declinazioni piuttosto variegate. In alcune decisioni si enfatizza l’alternativa astrattezza/concretezza della previsione dell’evento: nel dolo eventuale l’evento viene previsto come concretamente possibile, mentre nella colpa cosciente la verificabilità dell’evento rimane un’ipotesi astratta, percepita dal reo come non concretamente realizzabile (Cass. pen., sez. IV, 10 febbraio 2009, n. 13083). In altre si pone l’accento sulla possibilità di verificazione/elevata probabilità di verificazione dell’evento illecito: sussiste il dolo eventuale quando “chi agisce non ha il proposito di cagionare l’evento delittuoso, ma si rappresenta la probabilità – od anche la semplice possibilità – che esso si verifichi e ne accetta il rischio” (Cass., Sez. Un., 6 dicembre 1991, n. 3428).
In una recentissima sentenza (Cass. pen., sez. IV, 5 settembre 2013, n. 36339) la Suprema Corte ha ulteriormente specificato il criterio dell’accettazione del rischio, coniugandolo con il canone della “persistenza di una decisione per l’illecito che giunge sino all’esaurimento della condotta con la produzione dell’evento”, al fine di giustificare l’estensione dell’accertamento dell’accettazione non solo alla situazione di pericolo posta in essere dall’agente ma anche alla possibile realizzazione dell’evento non direttamente voluto, pur se coscientemente prospettato.
Diversamente, spiega la Corte, se bastasse l’accettazione della situazione di pericolo cagionata dalla propria condotta trasgressiva di una regola cautelare, l’automobilista che in violazione di una o più prescrizioni imposte dal codice della strada si renda responsabile di fatti costituenti reato sarà chiamato a risponderne sempre a tiolo di dolo (seppur eventuale). Infatti in materia di sinistri stradali la giurisprudenza di legittimità è alquanto ferma nel ritenere che l’agente sia responsabile a titolo di colpa cosciente anziché di dolo eventuale.
Con la sentenza in epigrafe la Suprema Corte non si discosta dal percorso logico tratteggiato e respinge la qualificazione del fatto come omicidio volontario dell’automobilista che sotto l’effetto di sostanze psicotrope “invadeva a velocità superiore a quella consentita di 50 km orari (70-83 km orari) l’opposta corsia di marcia, nonostante la striscia continua, la scarsa visibilità e la pioggia in atto, andando a collidere frontalmente con la Fiat 500”.
Ricorda la Suprema Corte che “il dolo vuole l’evento (quel determinato evento) e così lo vuole il dolo eventuale, che pone in essere l’azione anche a costo di provocare l’evento (quel determinato evento). La colpa, sia pur cosciente, no: provoca l’evento, sia pur il più grave e per la più riprovevole delle condotte, ma lo provoca per negligenza o imprudenza o imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline”.
Pertanto la colpa cosciente “sussiste quando l’agente, pur prospettandosi la possibilità o probabilità del verificarsi di un evento non voluto come conseguenza della propria condotta, confidi tuttavia che esso non si verifichi”.
Nel caso di specie la decisione dei giudici di merito di aderire alla tesi del dolo eventuale si fondava sull’accertamento di alcuni elementi di fatto caratterizzanti la condotta del reo che “si era messo in macchina di notte, con tempo avverso, sapendo di avere assunto una canna di hashish nel pomeriggio e un ansiolitico prima di andare a dormire”. Tale decisione, ad avviso della Suprema Corte, pare mossa dall’esigenza di dare una risposta significativa dal punto di visto della giustizia sociale ad una condotta considerata moralmente inaccettabile, la quale è tuttavia adeguatamente sanzionata dall’art. 589 c.p., che nel disciplinare l’omicidio colposo prevede espressamente l’aggravante del fatto commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (comma 2) e quella ulteriore (comma 3, n. 2) che riguarda il soggetto che è sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Cassazione penale, sez. I, 5 aprile 2013, n. 20465