La semplice omologazione, da parte di uno Stato membro, di un titolo rilasciato da un altro stato membro non costituisce un «diploma» che consenta di accedere ad una professione regolamentata in quest’ultimo Stato.
La direttiva sul sistema di riconoscimento dei diplomi conferisce ad ogni richiedente che sia titolare di un «diploma» che gli consente di esercitare una professione regolamentata in uno Stato membro il diritto di esercitare la medesima professione in ogni altro Stato membro. (Direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/48/CEE, relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali di una durata minima di tre anni)
L’esercizio della professione di ingegnere, sia in Italia sia in Spagna, è subordinato al possesso di un diploma universitario e all’iscrizione all’albo dell’ordine professionale. Il sistema italiano prevede peraltro, contrariamente a quello spagnolo, un esame di Stato, il cui superamento è indispensabile ai fini dell’abilitazione all’esercizio della professione.
Il sig. C., cittadino italiano, è titolare di un titolo di studi di ingegnere meccanico rilasciato nel 1999 dall’Università di Torino in esito ad una formazione della durata di tre anni.
Nel 2001, ha chiesto ed ottenuto in Spagna l’omologazione del suo titolo italiano. Avvalendosi del certificato di omologazione, il sig. C. si è iscritto all’albo di uno dei «colegios de ingenieros técnicos industriales» di Catalogna, per essere abilitato a esercitare la professione regolamentata di ingegnere tecnico industriale, specialità meccanica, in Spagna.
Il sig. C. non ha svolto un’attività professionale fuori dall’Italia e non ha seguito una formazione, né superato esami previsti dal sistema di istruzione spagnolo. Del pari, non ha sostenuto l’esame di Stato previsto dalla normativa italiana per ottenere l’abilitazione all’esercizio della professione di ingegnere.
Nel 2002, su domanda del sig. C., il Ministero della Giustizia italiano ha riconosciuto la validità del titolo spagnolo ai fini della sua iscrizione all’albo degli ingegneri in Italia.
Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha impugnato tale decisione sostenendo che, ai sensi della direttiva e della pertinente normativa nazionale, le autorità italiane non potevano riconoscere il titolo spagnolo del sig. C., avendo tale riconoscimento la conseguenza di esonerarlo dall’esame di Stato previsto dalla normativa italiana.
Il Consiglio di Stato, adito in ultima istanza, chiede alla Corte di giustizia se la direttiva 89/48 possa essere invocata dal sig. C. per accedere alla professione di ingegnere in Italia.
La Corte dichiara che, secondo la definizione stessa della direttiva, un «diploma» non include il titolo rilasciato da uno Stato membro che non attesti alcuna formazione prevista dal sistema di istruzione di tale Stato membro e non si fondi né su di un esame, né su di un’esperienza professionale acquisita in detto Stato membro.
Infatti, l’applicazione della direttiva in una situazione di tal genere si risolverebbe nel consentire ad un soggetto che abbia conseguito, nello Stato membro in cui ha svolto i suoi studi, esclusivamente un titolo che, di per sé, non dà accesso alla professione regolamentata, di accedervi egualmente, senza che tuttavia il titolo di omologazione conseguito altrove attesti l’acquisizione di una qualifica supplementare o di un’esperienza professionale. Un siffatto risultato sarebbe contrario al principio sancito dalla direttiva, secondo cui gli Stati membri conservano la facoltà di stabilire il livello minimo di qualifica necessario allo scopo di garantire la qualità delle prestazioni fornite sul loro territorio.
Massima tratta da: Corte di Giustizia UE