Cassazione civile sez. I, 29 ottobre 2015, n. 22113
Opposizione a decreto ingiuntivo. La chiamata di terzo deve essere richiesta al giudice direttamente ed a pena di decadenza nell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo.
Secondo il consolidato insegnamento della S. Corte «nel procedimento per ingiunzione, per effetto dell’opposizione, non si verifica alcuna inversione della posizione sostanziale delle parti nel giudizio contenzioso, nel senso che il creditore mantiene la veste di attore, l’opponente quella di convenuto; ciò che esplica i suoi effetti, non solo nell’ambito dell’onere della prova, ma anche in ordine ai poteri ed alle preclusioni di ordine processuale rispettivamente previsti per ciascuna delle due parti.
Ne consegue che il disposto dell’art. 269 c.p.c., che disciplina le modalità della chiamata di terzo in causa, non si concilia con il procedimento instaurato tramite l’opposizione al decreto, dovendo in ogni caso l’opponente citare unicamente il soggetto che ha ottenuto detto provvedimento, non potendo le parti originariamente essere altri che il soggetto istante per l’ingiunzione di pagamento ed il soggetto nei cui confronti la domanda è diretta.
Per il che l’opponente (cui è altresì preclusa, nella qualità di convenuto sostanziale, la facoltà di chiedere lo spostamento dell’udienza, nonché quella di notificare l’opposizione a soggetto diverso dal creditore procedente in ingiunzione) deve necessariamente chiedere al giudice, con lo stesso atto di opposizione a pena di decadenza, l’autorizzazione a chiamare in giudizio il terzo al quale ritiene comune la causa sulla base dell’esposizione dei fatti e delle considerazioni giuridiche contenute nel ricorso per decreto ingiuntivo, non potendo formulare l’istanza direttamente in prima udienza (cfr. Cass. 8718/2000; 1185/2003; 132727/2004; 4800/2007; 10610/2014).
Né può dubitarsi del fatto che la tardività della chiamata in causa del terzo, per violazione dei termini fissati dall’art. 269 c.p.c., sia rilevabile anche d’ufficio, stante l’inderogabilità di tale norma (Cass. n. 4680/1978). La tempestività della richiesta di chiamata di un terzo in causa attiene, infatti, alle esigenze di concentrazione e speditezza del processo, configurandosi quindi come un principio di ordine pubblico, la cui violazione è rilevabile dal giudice anche d’ufficio. L’esigenza di garantire la celerità e la concentrazione dei procedimenti civili è – per vero – posta a tutela dell’interesse non solo del singolo ma anche della collettività (Cass. 10610/2014), e vi è indubbia correlazione tra la detta esigenza pubblicistica ed il regime delle preclusioni che, a tale stregua, è – di conseguenza – indisponibile (v. Cass. 7270/2008)».
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Cassazione civile sez. I, 29 ottobre 2015, n. 22113