Resiste al ricorso proposto da alcuni “street sex workers” l’ordinanza del Sindaco di Roma n. 242 del 16 settembre 2008, in vigore fino al 30 gennaio 2009, recante interventi di contrasto alla prostituzione su strada e di tutela della sicurezza urbana, facendo divieto «…a chiunque sulla pubblica via e su tutte le aree soggette a pubblico passaggio del Territorio del Comune di Roma…di contattare soggetti dediti alla prostituzione ovvero concordare con gli stessi prestazioni sessuali…» e «…di assumere atteggiamenti, modalità comportamentali ovvero indossare abbigliamenti che manifestino inequivocabilmente l’intenzione di adescare o esercitare l’attività di meretricio…».
Detta ordinanza rispetta pienamente la volizione del legislatore, secondo le diposizioni normative di cui al d.l. 23 maggio 2008 n. 92 ed al d.m. 5 agosto 2008, rivolta ad ampliare la sfera d’intervento e di responsabilità degli amministratori locali, mercé l’attribuzione ad essi di poteri ordinari e straordinari a fronte dell’insicurezza derivante, specie nei grandi centri urbani, dal complesso dei gravi fenomeni di degrado civile e sociale.
Sono dati di fatto che la prostituzione su strada sia con ogni probabilità il terminale d’una filiera criminale (non importando poi se essa implichi o meno la soggezione del sex worker a guisa di schiavitù od una forma di sua libera compartecipazione ai relativi utili) e che, per il tipo d’offerta che essa propone, sottragga in ogni caso spazi di vita sociale e civile al resto della collettività.
Sono dati di fatto che la prostituzione su strada sia con ogni probabilità il terminale d’una filiera criminale (non importando poi se essa implichi o meno la soggezione del sex worker a guisa di schiavitù od una forma di sua libera compartecipazione ai relativi utili) e che, per il tipo d’offerta che essa propone, sottragga in ogni caso spazi di vita sociale e civile al resto della collettività.