Con il ricorso in esame è stata impugnata un’ordinanza c.d. “contingibile ed urgente” - adottata dal Sindaco di un determinato comune in qualità di Ufficiale di Governo ai sensi degli artt. 50, comma 5 e 54, comma 2, del
D.Lgs. n. 267 del 2000 (c.d. “T.U. enti locali”) - tramite la quale veniva ingiunto alla società ricorrente di dare avvio i) al recupero o allo smaltimento dei rifiuti all’interno di un immobile ubicato nel territorio comunale e ii) al ripristino dello stato dei luoghi entro 60 giorni.
Per quanto qui di interesse, giova ricordare che gli enti locali - al fine di rendere più rapida ed efficace la loro azione volta a contrastare i fenomeni illeciti (e, spesso, incontrollati) di rifiuti anche pericolosi - utilizzano lo strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente con finalità meramente preventive e cautelari; ciò al fine di fronteggiare situazioni di “pericolo qualificato” attuale e concreto per alcuni interessi pubblici particolarmente sensibili (ordine, sicurezza, ambiente, incolumità, salute, etc.), prescindendo dall’accertamento della colpa e, in generale, da accertamenti complessi e laboriosi.
Più in particolare, nella fattispecie qui in discussione, l’ordinanza impugnata viene dichiarata illegittima per difetto del presupposto soggettivo e, quindi, della legittimazione passiva della ricorrente a divenire destinataria dell’impugnata ordinanza, in quanto quest’ultima non è risultata in grado di effettuare le opere ingiunte, non essendo nella disponibilità giuridica e materiale dell’edificio.
Ebbene, secondo la giurisprudenza amministrativa l’ordinanza contingibile ed urgente deve essere
“indirizzata a chi si trovi in rapporto tale con la fonte del pericolo da consentirgli di eliminare la riscontrata situazione di pericolo” (cfr. T.A.R. Lombardia, Sez. III, 1 agosto 2011, sentenza n. 2064); ciò in quanto
“il connotato essenziale del provvedimento extra ordinem è l’idoneità della misura in relazione al rischio che si intende fronteggiare” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 13 ottobre 2003, sentenza n. 6168). Ne deriva che, affinché la misura possa ritenersi idonea ed eliminare il pericolo, essa deve indirizzarsi nei confronti del soggetto che, avendo la disponibilità giuridica e materiale del bene, sia in grado
“di porre rimedio al pericolo medesimo, in quanto, altrimenti, l’ordine sarebbe illegittimamente destinato a non potere essere eseguito”.In secondo luogo, il Collegio campano rileva la violazione delle regole poste a presidio del giusto procedimento e del principio del contraddittorio e di difesa.
Nella fattispecie in esame l’amministrazione comunale resistente, infatti, illegittimamente non ha coinvolto nel procedimento la ricorrente - nella qualità di proprietaria dell’area interessata - consentendole di partecipare in contraddittorio agli accertamenti ed alle verifiche necessarie per individuare la soluzione ottimale (sia tecnica che logistica) alla peculiare e complessa problematica sottesa all’impugnata ordinanza per la messa in sicurezza e la bonifica del sito.
Al riguardo, il Collegio condivide quanto recentemente rilevato in giurisprudenza: il ricorso allo strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente giustifica l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento unicamente in presenza di una “urgenza qualificata in relazione alle circostanze del caso concreto, che, però, deve essere debitamente esplicitata in specifica motivazione in ordine alla necessità e l’urgenza di prevenire il grave pericolo alla cittadinanza” (cfr. T.A.R. Campania, Sez. V, 3.2.2005, sentenza n. 764), anche perché sussiste
“un rapporto di conflittualità e di logica sovra ordinazione tra l’esigenza di tutela immediata della pubblica incolumità e l’esigenza del privato inciso dall’atto amministrativo di avere conoscenza dell’avvio del procedimento” (cfr. T.A.R. Marche, 25 gennaio 2002, sentenza n. 97).
Secondo la giurisprudenza prevalente in materia di ordinanze contingibili ed urgenti, inoltre, l’obbligo della comunicazione sussiste allorché l’invio della stessa risulti
“in concreto compatibile con il procedimento alla base del provvedimento, in considerazione del provvedimento stesso in più fasi o del passaggio di un certo lasso di tempo dell’attività sfociata nell’adozione dell’atto” (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 27.4.2005, sentenza n. 692).
TAR Campania Napoli, sez. V, 19 giugno 2014, n. 3429