Commette reato di peculato il dipendente pubblico che “ricicla” le marche da bollo da documenti archiviati intascandone il controvalore in denaro.
Sussiste il delitto di peculato in relazione alla condotta del pubblico dipendente che, come nel caso di specie, si appropria delle marche prelevate da altre pratiche già archiviate per riutilizzarle, apponendole sulle richieste presentate dai cittadini ed intascando da essi il relativo controvalore in denaro.
Secondo consolidato orientamento giurisprudenziale il peculato può infatti avere ad oggetto cose che, pur non avendo valore intrinseco, possono acquistare o riacquistare rilevanza economica per la utilizzazione che ne viene fatta.
In particolare nella fattispecie, l’appropriazione contestata non riguarda soltanto le marche, ma anche e soprattutto le somme versate agli imputati dagli utenti, le quali ne costituivano il controvalore, e che, a tale titolo, divenivano immediatamente di pertinenza della pubblica amministrazione.
È inoltre prospettabile, in concorso formale con il delitto di peculato, l’ulteriore reato di truffa in danno dei privati (tuttavia non contestato nella fattispecie) posto che questi acquistando un bollo già utilizzato credendolo nuovo, non assolvevano il loro dovere tributario.
Cassazione penale, sez. VI, 12 giugno 2007, n. 30154