«…il R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 8, prevede al suo comma 1, che i laureati in giurisprudenza che svolgano la pratica per la professione di avvocato “siano iscritti, a domanda e previa certificazione dell’avvocato di cui frequentano lo studio, in un registro speciale tenuto dal consiglio dell’ordine degli avvocati presso il tribunale nel cui circondario hanno la residenza, e siano sottoposti al potere disciplinare del consiglio stesso”. E, come è agevole constatare, la norma non pone alcun limite temporale alla durata della iscrizione nel summenzionato registro.
Un termine (sei anni) è invece previsto dal R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 8, comma 2 secondo cui i praticanti avvocati, dopo un anno dalla iscrizione nel registro di cui al comma 1, sono ammessi, per un periodo non superiore a sei anni, ad esercitare il patrocinio davanti ai tribunali del distretto nel quale è compreso l’ordine circondariale che ha la tenuta del registro suddetto, limitatamente ai procedimenti che, in base alle norme vigenti anteriormente alla data di efficacia del decreto legislativo di attuazione della L. 16 luglio 1997, n. 254, rientravano nella competenza del pretore. […]
Dal disposto normativo emerge, ad avviso del Collegio, che all’interno dell’unico registro dei praticanti, cui è consentita l’iscrizione a tempo indeterminato, sussiste una specifica categoria costituita dai “praticanti ammessi al patrocinio”; e mentre è indubbiamente vero che chi perda la qualifica di praticante perde automaticamente il patrocinio, non esistono argomenti per affermare il reciproco, cioè che la perdita del patrocinio (per decorrenza del sessennio) comporti la cancellazione anche dal registro dei praticanti. […]
Per quanto riguarda il contenimento del fenomeno dei “miniavvocati a vita”, cioè di soggetti che senza conseguire la qualifica di avvocato ne esercitano le funzioni, magari con l’aiuto di un professionista compiacente esso è attuato attraverso la disposizione che pone un limite temporale al patrocinio dei praticanti. Con la scadenza di tale termine il patrocinante è legittimato soltanto a proseguire nella pratica cioè a svolgere la sua attività di ausilio e di apprendimento sotto il controllo continuo di chi sia iscritto all’albo, come dimostra anche il fatto che per lo svolgimento della (mera) pratica non è richiesto quel giuramento che è invece richiesto per lo svolgimento di attività “a rilevanza estrema”. Ove i limiti di legge siano superati, ed il praticante svolga una vera e propria attività professionale sono applicabili le sanzioni penali e disciplinari a carico del soggetto che travalichi i limiti di quanto gli consente la sua laurea in giurisprudenza e dell’avvocato che gli offra copertura. Non esiste, invece, uno strumento giuridico che consenta di dedurre dal venir meno del patrocinio il venir meno anche del tirocinio. […]Per quanto riguarda il contenimento del fenomeno dei “miniavvocati a vita”, cioè di soggetti che senza conseguire la qualifica di avvocato ne esercitano le funzioni, magari con l’aiuto di un professionista compiacente esso è attuato attraverso la disposizione che pone un limite temporale al patrocinio dei praticanti. Con la scadenza di tale termine il patrocinante è legittimato soltanto a proseguire nella pratica cioè a svolgere la sua attività di ausilio e di apprendimento sotto il controllo continuo di chi sia iscritto all’albo, come dimostra anche il fatto che per lo svolgimento della (mera) pratica non è richiesto quel giuramento che è invece richiesto per lo svolgimento di attività “a rilevanza estrema”. Ove i limiti di legge siano superati, ed il praticante svolga una vera e propria attività professionale sono applicabili le sanzioni penali e disciplinari a carico del soggetto che travalichi i limiti di quanto gli consente la sua laurea in giurisprudenza e dell’avvocato che gli offra copertura. Non esiste, invece, uno strumento giuridico che consenta di dedurre dal venir meno del patrocinio il venir meno anche del tirocinio».
Cassazione civile, sez. unite, 30 giugno 2008, n. 17761