Accolto il ricorso del boss Salvatore Madonia, detenuto nel regime del 41-bis della Legge 354/1975, dopo che era stata respinta la richiesta di accedere al programma di procreazione assistita visti i problemi di procreazione di cui era affetta la moglie.
In precedenza il giudice di sorveglianza aveva negato l’accesso al programma di procreazione assistita sulla base del parere negativo del Dipartimento di amministrazione penitenziaria, secondo il quale la legge 40 del 2004, che garantisce la massima tutela del nascituro, non sarebbe stata applicabile vista la situazione di detenzione del genitore.
Per la Suprema Corte, che ha accolto il ricorso, il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona, pertanto il principio da applicare in simili fattispecie non può che essere quello di contemperare tra loro l’interesse personale con lo scopo della detenzione e le esigenze di sicurezza sociale e penitenziaria.
Ne consegue che il sacrificio imposto al singolo «non deve eccedere quello minimo necessario, e non deve ledere posizioni non sacrificabili in assoluto».
In definitiva «non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con le esigenze predette di rispetto della dignità e dell’umanità della persona o, nei confronti degli imputati, non indispensabili a fini giudiziari».
Cassazione penale, sez. I, 20 febbraio 2008, n. 7791