Il vincolo del matrimonio civile può essere sciolto a causa dell’inconfessata intenzione di tradire che un coniuge aveva in serbo dentro di sé all’insaputa dell’altro.
Il diritto all’annullamento del matrimonio civile, mediante la delibazione della sentenza di nullità dell’unione religiosa, spetta tuttavia solamente al coniuge che non era a conoscenza della riserva mentale dell’altro.
La delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario per esclusione, da parte di uno dei coniugi, di uno dei “bona matrimonii” (nella fattispecie l’esclusione dell’obbligo della fedeltà), può trovare ostacolo nell’ordine pubblico nel caso in cui detta esclusione sia rimasta, inespressa, nella sfera psichica del suo autore senza manifestarsi (né comunque essere stata conosciuta o conoscibile) all’altro coniuge, in quanto, in tal caso, si pone in contrasto con l’inderogabile principio della tutela della buona fede e dell’affidamento incolpevole.
Tale principio, ancorché inderogabile, si ricollega ad un valore individuale che appartiene alla sfera di disponibilità del soggetto ed è preordinato a tutelare questo valore contro gli ingiusti attacchi esterni, non contro la volontà del suo titolare, al quale va riconosciuto il diritto di scegliere la non conservazione del rapporto viziato per fatto dell’altra parte.
Ne consegue che la delibazione della sentenza ecclesiastica della nullità del matrimonio per l’esclusione da parte di uno soltanto dei coniugi di uno del “bona matrimonii”, non può trovare ostacolo nell’ordine pubblico, ove detta esclusione sia rimasta, inespressa, nella sfera psichica del suo autore, senza essere conosciuta o conoscibile all’altro coniuge, quando sia il coniuge che ignorava, o non poteva conoscere, il vizio del consenso dell’altro coniuge a chiedere la declaratoria di esecutività della sentenza ecclesiastica da parte della Corte d’Appello.
Cassazione civile, sez. I, 25 giugno 2009, n. 14906