A seguito dell’entrata in vigore dell’art. 9 del Codice del processo amministrativo è venuta meno la rilevabilità d’ufficio del difetto di giurisdizione in grado di appello.
Dispone infatti la norma che “Il difetto di giurisdizione è rilevato in primo grado anche d’ufficio. Nei giudizi di impugnazione è rilevato se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla giurisdizione”.
È dunque onere alla parte interessata sollevare la questione con apposito motivo di appello essendo allo scopo insufficiente e pertanto irrilevante la semplice eccezione formulata in memoria.
Ne consegue che anche nel processo amministrativo è stato introdotto, e in via legale, il principio del cosiddetto “giudicato interno implicito” sulla questione di giurisdizione trattata, seppur tacitamente, dal giudice di primo grado. In difetto di uno “specifico motivo” di appello, si intende che la parte che aveva interesse a sollevare la carenza di giurisdizione vi ha fatto acquiescenza.
Ovviamente anche tale precetto soggiace alla regola “tempus regit actum” e pertanto deve escludersi che il giudice possa dichiarare inammissibile un’eccezione che, rispetto alla normativa in vigore al momento della sua proposizione, risulta ritualmente proposta, essendo pacifico che prima dell’entrata in vigore del Codice l’eccezione di difetto di giurisdizione poteva essere riproposta in appello anche con semplice memoria.
Ovviamente anche tale precetto soggiace alla regola “tempus regit actum” e pertanto deve escludersi che il giudice possa dichiarare inammissibile un’eccezione che, rispetto alla normativa in vigore al momento della sua proposizione, risulta ritualmente proposta, risultando pacifico che prima dell’entrata in vigore del Codice l’eccezione di difetto di giurisdizione poteva essere riproposta in appello anche con semplice memoria.